Massimo Barbiero & Claudio Cojaniz – Danza Pagana

Massimo Barbiero & Claudio Cojaniz - Danza Pagana

Splasc(H) Records – CDH1560 – 2013




Massimo Barbiero: batteria, percussioni

Claudio Cojaniz: pianoforte





Massimo Barbiero e Claudio Cojaniz si conoscono bene. Hanno militato nel gruppo Marmaduke, insieme a Brunod e Balanescu e li unisce un’amicizia e una considerazione reciproca inossidabili. Questo disco riprende la loro esibizione in duo per l’Open di Ivrea della primavera 2013, avvenuta a Chiaverano nel marzo scorso. Il titolo fa riferimento alla presenza di una danzatrice, Giulia Ceolin, impegnata a dare figura, movimento, animazione a quanto prodotto dai due performers. Sì perché si tratta di una improvvisazione in coppia condotta sul filo della memoria e dell’invenzione, con la ripresa di brani originali storici, di pezzi particolarmente significativi nel vissuto individuale o vicendevole dei due protagonisti, oltre a composizioni estemporanee create sul momento di singolare freschezza e di appropriata costruzione. Fra i due musicisti si concretizza un’intesa di pelle, di pancia, viscerale, insomma, più che di testa, intellettuale, anche se la cultura di entrambe, la preferenza comune per determinate forme artistiche zampilla, sgorga inevitabilmente da ogni frase musicale articolata.


Il disco si apre con Febe per sole percussioni. Si comprende subito che Massimo Barbiero vuole calcare la mano sull’aspetto timbrico, sui colori e gli umori dei suoi tanti aggeggi a disposizione. È un’introduzione caratterizzata, assorta e iterativa. L’iniziativa nell’Improvisation I passa, invece, al pianista friulano e si cambia letteralmente scena. Cojaniz ha voglia di cantare una melodia e si apposta su un’atmosfera in stile pop-song particolarmente intrigante. Tira fuori un motivo orecchiabile e malinconico, gira e rigira intorno ad un tema semplice, efficacissimo, di notevole impatto. In secondo piano, sottotraccia, a un certo punto si avvertono i tamburi accarezzati da Barbiero, spiazzato piacevolmente dalla vena poetica del partner. Il suo intervento è prudente e discreto, allo scopo di non rompere l’incanto creato dal compagno di viaggio. I due hanno messo le carte in tavola e si divertono parecchio, da qui in avanti, a confrontarsi e a sfidarsi su terreni a volte opposti. Ormai si capisce che le sorprese saranno all’ordine del giorno


Nausicaa è anche il nome di un disco in solo del batterista eporediese. Questa versione è su un’aria mossa e orientaleggiante, dove si apprezza il pianismo martellante di Cojaniz e l’accompagnamento compositivo delle percussioni. Il gioco delle parti prosegue.


Come un momento mistico, alquanto lirico, compare Heilig, Heilig, Heilig, dove il pianista va a scomodare persino Schubert. È una sorta di preghiera accorata di una dolcezza estrema, straziante, da brividi.


Ci pensano le percussioni a riportare sull’Oceano la rotta. Qui si individua ancora la ricerca pervicace del suono puro, incontaminato. Barbiero maneggia, infatti, gli strumenti a sua disposizione con un atteggiamento di scoperta continua di quello che possono produrre e li fa vibrare, trovando nuove sfumature, formando ritmi facili, ingegnosi, di segno primitivo. È un percorso di ritorno ad una semplicità antica o ancestrale.


L’Improvisation 3 è in coppia in tutti i sensi. I due si inseguono su un ritmo balcanico, o giù di lì, danzante e sostenuto. La batteria accompagna o precede le intuizioni del pianoforte o va in controtendenza. Tutto fila a meraviglia. Il dialogo, l’incontro, la divisione e la confusione dei ruoli all’interno del duo.


Cojaniz non ci sta. Non bastano le esperienze fin qui effettuate. Vuole meravigliare ancora tutti. Parte allora con Crepuscule with Nellie eseguita abbastanza letteralmente e la batteria tace. È muta di fronte ad una sorta di omaggio sacro e deferente a un’icona del jazz contemporaneo, quale è Thelonious Monk.


Per riprendere il colloquio interrotto viene rilanciata Denique caelum, uno dei pezzi più noti di Massimo Barbiero e l’intesa si consolida, si ripropone salda e si sprecano le citazioni nel solo di pianoforte, da Ellington al grande monaco, ancora. Tanto per non sedersi un attimo a prendere un po’ di respiro, forse…


Chiude Improvisation for dance. Il pianoforte conduce l’azione. Oscilla e penzola fra climi diversi, da momenti quieti e sognanti a imprevedibili accelerazioni, a progressioni esaltanti per ritornare al punto di inizio. Le percussioni stanno dietro con il compito quasi tradizionale di tenere il ritmo o perlomeno di cercare di carpire le intuizioni di quel cavallo impazzito che siede al pianoforte. Non è un’impresa di poco conto. Il brano, in sintesi, è una medley a completo servizio delle evoluzioni del corpo sinuoso, espressivo di Giulia Ceolin che purtroppo non si possono apprezzare sul cd audio.


Danza pagana è un altro capitolo importante nella discografia di Massimo Barbiero, sempre attento a documentare passi in avanti della sua parabola artistica. È un incontro di due persone sensibilissime, innamorate, meglio malate del jazz e della musica in generale in modo profondo e incontrovertibile. Questa è pure una testimonianza eloquente di come si possa collaborare in modo fruttuoso quando il punto di coesione nella coppia è costituito dalla grande stima reciproca e da analoghe, manifeste passioni.