Foto: Fosca Masucco
Slideshow. Francesco Aroni Vigone.
Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Francesco Aroni Vigone?
Francesco Aroni Vigone: Cerco il suono e ciò che sono: col sassofono, nella scrittura e nella melodia. Cerco persone che cercano.
JC: Mi parli ora del tuo ultimo disco?
FAV: Ore blu è stato pensato a lungo e realizzato rapidamente con sole prime tracce e senza ritocchi grazie ad una ritmica affiatata e capace di reggere le difficoltà del suonare in trio. È il mio percorso musicale e racchiude tutte le fasi che l’hanno caratterizzato; poesia,tango, serialità, strati sonori, musica sarda. Grazie a Enrico Fazio aql contrabbasso e Fiorenzo Sordini alla batteria.
JC: Mi racconti il primo ricordo che hai della musica?
FAV: Mio padre al pianoforte.
JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?
FAV: La musica degli anni Settanta era bellissima in tutti i suoi generi e il jazz era particolarmente fresco e vivo. Erano anni di forti tensioni sociali e la mia giovinezza mi spingeva ad agire, a criticare, a gridare. Volevo farmi sentire,il jazz era libertà.
JC: E in particolare un sassofonista?
FAV: Ogni sassofonista che ascoltavo per la prima volta era per me una sorpresa ma il primo che ho amato à stato Anthony Braxton.
JC: Ma cos’è per te il jazz?
FAV: Il jazz è tutto e niente. Quando si crea te ne accorgi e quando sbadigli vuol dire che ha finito.
JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?
FAV: Onestà sia nelle idee che nei sentimenti, i concetti forse fanno parte dello stile individuale.
JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?
FAV: Sì! “Poesie fuoribordo” mi ha gratificato tantissimo: è stato il primo impegno su testi poetici e mi ha dato la convinzione di proseguire su quella strada. I musicisti son stati bravissimi e il risultato è frutto di collaborazione creativa.
JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?
FAV: “Rock bottom” di Robert Wyatt.
JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?
FAV: Sono stato un pessimo allievo di grandi maestri ne ho avuti tanti e ne ho cercati tanti ma il primo, Renzo Rigon (sassofonista vercellese), è nel mio cuore.
JC: E i saxmen che ti hanno maggiormente influenzato?
FAV: Non ho cercato un modello e forse ho fatto male perché sarebbe stato più facile l’apprendimento e l’approdo a uno stile. Quindi li ho studiati tutti e l’elenco è lungo: Braxton, Ornette, Konitz, Dolphy, Cannonball, Desmond, Urbani e poi i tenoristi Rollins, Young…
JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?
FAV: Il tour in Argentina con l’ensemble di Enrico Fazio, bello e spensierato.
JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?
FAV: Ho iniziato frequentando i corsi sperimentali di musica elettronica al Conservatorio di Torino con Enore Zaffiri e ho conservato nel tempo l’interesse verso la ricerca timbrica e la manipolazione del suono. Collaboro con chi oltre all’improvvisazione segue questo percorso come ad esempio Giuliano Palmieri raffinato creatore di computer-music.
JC: E come vedi in generale lo stato della musica e della cultura in Italia?
FAV: L’arte è parte integrante del nostro paesaggio, si dovrebbe vivere di cultura e bellezza ma non c’è la mentalità per investire,anche economicamente , in questo campo. Al contrario il fermento creativo dei giovani ventenni è palpabile.
JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?
FAV: I progetti sono tanti: tra questi “Canzoni a contatto” su testi del poeta Dome Bulfaro con Veronica Vismara, Silvia Bolognesi , Filippo Monico e un duo col clarinettista Giancarlo Locatelli.