Monk Records – 2013
Marta Raviglia: voce, live electronics
Simone Sbarzella: pianoforte, tastiere, live electronics
Roberto Raciti: contrabbasso
Giacomo Ancillotto: chitarra
Claudio Sbrolli: batteria
Marco Esposito: chitarra, voce
Grazia Stella: sax soprano
Si aspetta sempre con interesse e curiosità ogni uscita discografica di Marta Raviglia. L’artista di Segni sorprende ogni volta i suoi ascoltatori, perchè ogni sua incisione è in discontinuità, almeno apparentemente, con quanto prodotto fino a quel momento.La cantante è per principio contraria, a tutti gli effetti, ai prodotti in serie. È membro del collettivo Franco Ferguson, collabora con alcuni musicisti dell’etichetta Improvvisatore Involontario e, da qualche anno, compare fra le vocalist di Odwalla, fra l’altro. È attiva in diversi ambiti, tutti indirizzati verso la ricerca, quindi, ma mantiene unito il suo gruppo di riferimento, oltre a curare con particolare attenzione l’aspetto didattico e i rapporti con la sua scuola di musica. Per questo cd, infatti, ha voluto con sé il suo quartetto e lo ha rinforzato con un coro composto da suoi allievi.
The king and his armour può definirsi, a giusta ragione, un album concept. Il tema-guida è quello del distacco, dell’abbandono. Da questo tipo di esperienza essenzialmente negativa, può nascere una speranza, una positività. L’armatura del cavaliere significa, forse, che le difficoltà, le evenienze sfavorevoli possono aiutare a crescere, a formare una sorta di di corazza morale, atta a difenderci di fronte alle situazioni di disagio e di allontanamento, dinnanzi alle prove più dure della vita.
Il disco ha una struttura articolata. Si passa da pezzi di poco più di cinquanta secondi, a brani di oltre cinque minuti. Si transita da climi vicini al rock psichedelico, al jazz elettrico vintage, con la tastiera a suggerire lo stile degli anni settanta. Ciclicamente il coro si presenta privo di base orchestrale, per brevi segmenti, fra il classico-contemporaneo e i rimandi all’Africa e alla semplicità del canto iterativo. In tutte le tracce ci sono evidenti le varie sfaccettature della personalità della bandleader, le sue preferenze, le sue certezze estetiche. Insomma Marta Raviglia gioca al meglio le sue carte, dopo averle mescolate e le mette in tavola seguendo una logica che deriva dall’idea potente, ben determinata, che sta dietro a tutta l’organizzazione testuale e sonora. Su questi sfondi o sottofondi si impone la voce calda e propositiva, ferma e oscillante, sferzante o carezzevole, stralunata e coerente, indubbiamente originale della cantante. Il timbro vocale si riconosce immediatamente, così come si distinguono facilmente le sue escursioni verso il registro acuto, per arrivare al sibilo, con sequenze di note vibranti e rinforzate, fra la pronuncia, il portamento secondo le regole e lo sberleffo inatteso. Non si sa mai dove andrà a parare la Raviglia, soprattutto all’interno di recitativi soffocati dal volume più elevato degli strumenti elettrici, per scelta di campo. Si attende ogni volta un guizzo vocale, una sortita della solista che puntualmente si svela, ma in una forma comunque inconsueta.
I compagni di viaggio fanno degnamente la loro parte, come partners consapevoli di un disegno compositivo delineato nei particolari a monte, dalla regista di tutte le operazioni.
Con questo disco, Marta Raviglia non ha voluto calcare la mano sulla sperimentazione o sugli stilemi propri dell’avanguardia fruibili solo da orecchie allenate. La musica non richiede, a conti fatti, una disponibilità speciale all’ascolto, pur racchiudendo elementi raffinati frutto di uno studio e di una applicazione tenaci e costanti. E ancora una volta ha fatto centro, grazie alla sua competenza e al suo modo di lavorare puntiglioso, meticolosamente attento al minimo dettaglio come al quadro complessivo dell’intera opera.