Via Veneto Jazz/Jando Music – VVJ086 – 2013
Rosario Giuliani: sassofoni
Fabrizio Bosso: tromba
Enzo Pietropaoli: contrabbasso
Marcello Di Leonardo: batteria
Otto brani di Ornette Coleman su undici, un titolo che richiama una delle esperienze più celebri del “nume tutelare” del free jazz, un quartetto rigorosamente pianoless. The Golden Circle è il tributo che Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, Enzo Pietropaoli e Marcello Di Leonardo dedicano alla figura e all’opera di Ornette Coleman.
Ornette Coleman rappresenta uno dei cardini della storia del jazz del ‘900. e sue intuizioni e le sue prove discografiche ne fanno un riferimento imprescindibile, ormai, anche per i musicisti che non seguono la strada del free jazz e delle avanguardie. Il sassofonista ha ridefinito la libertà in musica, secondo coordinate e intenzioni precise e, dall’altro lato, la melodia è un tratto caratterizzante della sua produzione ed è sufficiente in questo senso considerare la bellezza cristallina di un tema come Lonely woman, capace di esaltare, attraverso un tema cantabile e struggente, di cogliere il entro dell’emozione senza mediazioni.
The Golden Circle è il club di Stoccolma dove vennero registrate le tracce che compaiono nel disco Ornette Coleman Trio at The Golden Circle: un’esibizione in trio, rigorosamente pianoless, con David Izenzon al contrabbasso e Charles Moffett alla batteria, riportata in due volumi che hanno rappresentato l’esordio del sassofonista su Blue Note. Sotto questo stesso nome si riunisce un quartetto italiano, anch’esso rigorosamente pianoless, formato da Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, Enzo Pietropaoli e Marcello Di Leonardo: quattro esperienze che si sono spesso intrecciate e che si ritrovano in questo lavoro a confronto con il repertorio del sassofonista statunitense. Otto brani di Coleman, presi da tre dischi storici come Something Else!!!! (Invisible e Jayne da ), The Shape of Jazz to Come (Lonely Woman, Peace, Congeniality e Chronology) e Change of the Century (Ramblin’ e Free), rispettivamente del 1958, del 1959 e del 1960.
Il ragionamento posto in atto dal quartetto è un confronto aperto e maturo con il mondo sonoro di Coleman: i quattro musicisti cercano il punto di equilibrio tra destrutturazioni e richiami evidenti alla stagione del bebop. Questa formula mette in risalto le connessioni e i raccordi tra le sperimentazioni di Coleman e le tradizioni da cui si andava via via distaccando. Nelle interpretazioni dei brani emerge lo stile personale di Giuliani, Bosso, Pietropaoli e Di Leonardo, le loro capacità tecniche e il gusto nella scelta delle frasi. Un confronto aperto e libero, di volta involta, tributo, omaggio, ispirazione e rilettura.
Il quartetto si applica ai brani del programma, in pratica, con l’atteggiamento riservato ai classici. L’operazione viene compiuta con rispetto e senza trasformazioni incongrue: semplicemente colloca il sassofonista nel pantheon delle influenze e dei riferimenti affrontati dai musicisti di oggi e, sulla scorta di questa presa di posizione, il quartetto affronta i brani riconducendo i furori e gli slanci all’interno di una visione più meditata, in equilibrio con la voce maturata da ciascuno dei quattro nel proprio percorso, sia nei passaggi più informali che nel disegno delle linee melodiche che, infine, nei riflessi più vicini al bebop e al blues.