Unfold, l’opera prima degli Slanting Dots

Foto: Matteo Valle. Courtesy: Nau Music Company, Milano










Unfold, l’opera prima degli Slanting Dots.


Unfold è il disco d’esordio degli Slanting Dots, un trio di giovani jazzisti con le idee molto chiare, le cui composizioni sono uno spaccato della loro cultura musicale, non strettamente legata alle sonorità “classiche” del jazz, ma aperta alle influenze musicali che affollano la contemporaneità. Prodotti dalla NAU Records di Gianni Barone, Luca Perciballi (chitarra), Alessio Bruno (contrabbasso) e Gregorio Ferrarese (batteria), sono riusciti a fondere e organizzare in un’unica e riuscita entità progettuale i loro differenti “punti di vista”. Ne deriva un disco compatto, di forte impatto emotivo, che non da spazio alle distrazioni e che spinge l’ascoltatore a entrare nella loro dimensione sonora fatta di continue variazioni tematiche e improvvisate libertà espressive.



Jazz Convention: Luca Perciballi, cosa significa Slanting Dots?


Slanting Dots: Slanting Dots, letteralmente punti obliqui, nasce da una trovata della mia ragazza che, osservando le partiture manoscritte, ha notato il mio personalissimo modo di segnare le teste delle note sul pentagramma: piccoli puntini storti in luogo dei tradizionali cerchietti. Ci è sembrato subito un nome adatto per la formazione, non solo per le sue qualità fonetiche ma soprattutto per via dell’allusione a un senso di precarietà, di instabilità che ben si adatta alla musica che proponiamo: musica in bilico, cangiante e difficilmente inquadrabile in definizioni di genere superficiali



JC: Raccontateci brevemente di voi, da dove venite, della vostra formazione, le influenze….


SD: Il trio nasce innanzitutto da una comune amicizia che da tempo ci lega da tempo: io e Alessio ci conosciamo da sempre, mentre Gregorio ha condiviso parte del mio percorso di studi al Conservatorio. Proprio il Conservatorio Arrigo Boito di Parma è stato il denominatore comune che ha fatto scattare la collaborazione. Il trio ha avuto da subito una configurazione aperta, più vicina al laboratorio creativo che al progetto definito: ci è occorso molto tempo per convogliare tutte le nostre diverse influenze e inclinazioni in un progetto organico. Abbiamo sviluppato da subito una grande sinergia che ci ha permesso di mantenere un livello di lavoro constante anche quando abbiamo iniziato a spostarci dall’Italia per motivi di studio. Per quanto mi riguarda il lavoro più grosso è stato quello di mediare tra la mia formazione di compositore classico e quella di chitarrista ed improvvisatore. Il suono del trio nasce proprio da questa mediazione fra le sonorità e le strutture della classica contemporanea e la tradizione jazzistica che tutti e tre abbiamo praticato e studiato; l’uso delle live electronic riflette la nostra indole più orchestrale, l’esigenza di un elemento aggiunto che potesse espandere la tavolozza timbrica della formazione e allontanarci dai luoghi comuni tipici del jazz tradizionale



JC: Che definizione date della vostra musica?


SD: A me piace sempre citare il grande Edgar Varese con la sua definizione di “suono organizzato”, un concetto che supera abbondantemente qualsiasi definizione stilistica e si concentra esclusivamente sugli elementi più basilari del fenomeno musicale cioè masse sonore in movimento nel tempo. Questo non per snobismo intellettuale ma per porre l’accento sull’approccio libero e antidogmatico che abbiamo verso il fare musica. Sicuramente non possiamo negare le numerose influenze che abbiamo sfruttato (la classica, il jazz, l’elettronica, il free), ma voglio porre l’accento solo sulla compresenza di organizzazione compositiva e improvvisazione: direi che questa sia la caratteristica che più di altre ci definisce, questa dialettica tra energia cerebrale del concetto e energia fisica del momento presente



JC: Unfold è il vostro primo disco… .


SD: È una grande emozione poter presentare il frutto di tanto lavoro. Di questo dobbiamo essere riconoscenti a Gianni Barone, il nostro produttore e alla sua NAU Records, un’etichetta che, contrariamente alla prassi attuale, si concentra sulle nuove proposte e sui giovani emergenti. Il cammino che, dalla formazione del trio nel 2007, ci ha portati sin qui è stato molto faticoso ma sempre entusiasmante. Ora che abbiamo il supporto totale di un’entità come la Nau siamo sicuri che non possiamo far altro che alzare il livello della proposta!



JC: Il cd contiene nove brani di cui sette scritti da te e due da Alessio Bruno.


SD: Non nego di essere il leader del trio, il solista e il compositore principale della formazione, e di avere quindi un’influenza determinante sulla musica prodotta. Ci tengo però a sottolineare che Slanting Dots è un vero gruppo collaborativo, dove tutti contribuiscono alla riuscita della musica e propongono idee su cui lavorare. Nessuno di noi tre può essere sostituito senza alterare irrimediabilmente la natura della formazione. Alla luce di questa indole collaborativa, mi è sembrato naturale includere due bellissimi brani di Alessio nel disegno complessivo dell’album



JC: Dunque, Unfold è composto solo da pezzi originali: erano già pronti o li avete composti in occasione del disco?


SD: Il disco è concepito come un’opera unitaria e non come una raccolta di brani, nonostante le composizioni siano state create nell’arco di due anni. Il trio si muove all’interno della trama come una specie di personaggio, dotato di una propria drammaturgia: se si osserva attentamente il dispiegarsi del disco, si potrà notare come ci sia un’attenzione particolare all’alternanza tra distensione e tensione, sia da un punto di vista timbrico che da un punto di vista della densità. Un racconto delle nostre possibilità espressive legato al suo interno da numerosi rimandi strutturali che attraversano i brani e creano coerenza compositiva, magari non evidente per i non addetti ai lavori, ma molto chiara per noi “attori” di quest’opera



JC: Ci puoi commentare brevemente le composizioni?


SD: I brani spaziano tra una varietà di atmosfere e situazioni, ci sono alcuni pezzi estremamente melodici, più vicini ad uno stile jazzistico comunemente inteso, come River Woman e In a long distance, mentre altri che virano verso l’astrattismo e l’utilizzo di sonorità distorte, ad esempio Theory of numbers è l’applicazione per trio jazz di una serie dodecafonica che ritorna nascosta in altri punti del disco. Electric Pleasure è una suite in tre parti che celebra l’elettricità, intesa come motore del mio strumento e della mia elettronica: un viaggio di quindici minuti attraverso ostinati rock e improvvisazioni timbriche. Il timbro ritorna come elemento strutturale in Hopes, primo brano da me scritto per il disco durante il mio soggiorno olandese, e in Just Wrong, un vero e proprio bozzetto impressionista per contrabbasso con l’arco ed elettronica.



JC: Com’è nato il rapporto con la NAU Records di Gianni Barone?


SD: Il rapporto con la NAU è nato nel modo più semplice del mondo: dopo aver registrato una demo del disco lo abbiamo inviato ad alcune etichette e, tra le risposte positive, quella della NAU ci è sembrata la più interessante: da lì è nato un rapporto artistico e lavorativo veramente eccezionale che, come ho già detto, ci permette di esprimerci al meglio



JC: Unfold è stato registrato in presa diretta? In quanti giorni? Che ricordi avete della vostra prima incisione?


SD: Una volta ascoltata la demo, Gianni Barone ci ha convocati in fretta per poter registrare la versione ufficiale nel bellissimo studio Indiehub di Milano. La tempestività ci ha colti di sorpresa, visto che viviamo sparsi per l’Europa. Ci siamo riuniti in fretta e furia per rispondere alla chiamata. Abbiamo realizzato tutti il disco in presa diretta, comprese le parti di elettronica, in due giorni: la confidenza musicale e umana che intercorre tra di noi ci ha permesso di essere rapidi, anche perchè avevamo le idee molto chiare su quella che avremmo dovuto fare. Non posso che ricordare la registrazione come un momento bellissimo, nonostante la comprensibile agitazione, e pieno di aneddoti divertenti: su tutti le irripetibili esclamazioni dei miei compagni quando li ho avvertiti telefonicamente che di lì a due giorni avrebbero dovuto prendere un aereo per registrare il disco a Milano!



JC: I prossimi progetti degli Slanting Dots?


SD: Questo per me sarà un anno molto intenso e ricco di progetti: ad aprile uscirà, sempre per NAU, il primo disco del duo Fragile: un progetto mutlidisciplinare in cui improvviso con il live painting di Mattia Scappini. Inoltre stiamo lavorando a un paio di tour importanti per gli Slanting Dots, su cui non voglio sbilanciarmi ulteriormente. Io sto continuando a scrivere musica per il nostro prossimo disco e per altri progetti che forse vedranno la luce in tempi relativamente brevi.