Slideshow. Giorgia Barosso

Foto: Angela Bartolo dal sito di Giorgia Barosso










Slideshow. Giorgia Barosso.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Giorgia Barosso?


Giorgia Barosso: Mi piace definirmi una persona dalle mille energie, solare e sognatrice, incapace di accontentarsi e innamorata da sempre della musica; adoro imparare nuove cose, mi piace non fermarmi mai accettando le sfide e cogliendo le opportunità che possono presentarsi. Ho anche una grande passione per le scienze umane, una passione che ho coltivato fin da ragazza e che ho voluto approfondire cinque anni fa conseguendo una laurea in sociologia; posso dunque affermare che la cultura e l’arte siano le componenti che completano a pieno il mio modo di essere, ciò a cui non potrei assolutamente rinunciare per sentirmi viva.



JC: Cosa vuoi dire del tuo nuovo album Stories Yet To Tell?


GB: Stories Yet To Tell è il primo album che ho realizzato a mio nome ed è nato dalla voglia di raccontare me stessa, senza preconcetti e in modo del tutto naturale, attraverso la musica. Il titolo, Storie ancora da raccontare, racchiude in sé il concept dell’album, ossia affiancare alle meravigliose storie già conosciute della musica jazz delle mie nuove storie, intime e oniriche, non ancora raccontate. La collaborazione con il pianista Mario Zara, che ha curato tutti gli arrangiamenti dell’album e che ha scritto insieme a me la musica degli inediti, mi ha permesso di trovare una nuova dimensione interpretativa e vocale nel mio modo di fare musica. Da questo concetto di base è nato Stories Yet To Tell, un’idea musicale che ha potuto svilupparsi e prendere forma anche grazie al supporto indispensabile degli altri musicisti che hanno suonato in questo album: Fabrizio Bosso alla tromba, Riccardo Bianchi alle chitarre, Marco Antonio Ricci al contrabbasso e Michele Salgarello alla batteria, grandi musicisti che hanno saputo arricchire con i loro colori i brani dell’album, rendendo queste mie storie ancora più belle.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


GB: Il mio primo ricordo della musica è di quando ero bambina; essendo mio padre batterista e mia madre cantante, già in famiglia si respirava “aria di jazz” e ho ben nitido il ricordo della domenica mattina quando, dopo essermi svegliata, andavo in salotto e sentivo dal giradischi accesso i grandi interpreti del jazz: Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Bessie Smith, Nat King Cole, Frank Sinatra. Mi piaceva ascoltare le loro voci e pur non sapendo chi fossero, rimanevo colpita dalla loro grazia e dalla loro eleganza. All’età di otto anni ho iniziato a cantare e mi sono avvicinata alla musica studiando pianoforte; da quel momento in poi la musica mi ha letteralmente rapito l’anima ed è diventata un’elemento vitale a cui non poter rinunciare.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante?


GB: In realtà non c’è stato un vero motivo che mi abbia spinto a diventare una cantante; ho semplicemente seguito l’istinto abbracciando ciò che mi emozionava, affascinata dall’idea di essere lo strumento di me stessa. La mia scelta non è stata dunque razionale o forzata, ma naturale e libera, ed è forse per questo motivo che cantare mi ha da sempre dato gioia; mettermi in gioco per esprimere me stessa attraverso la musica è sempre stata per me la sfida più grande, con la consapevolezza che non c’è mai un punto fermo di arrivo, ma semplicemente traguardi intermedi di un percorso che non avrà mai fine.



JC: E in particolare una cantante jazz?


GB: Il jazz è la musica che sento da sempre più vicina, quella che maggiormente mi emoziona e mi fa sognare. La mancanza di schemi, l’improvvisazione, la spontaneità, sono le sue caratteristiche fondamentali ed è proprio per questo che ho scelto di avvicinarmi a questo genere fin da giovane. Un brano jazz riesce sempre a stupirmi: l’esecuzione è sempre differente, le atmosfere variano ogni volta in relazione allo scambio che avviene fra i musicisti che lo eseguono, si è liberi di dialogare con la musica e nella musica; musica e musicista sono messi, per così dire, faccia a faccia, senza rigidi ostacoli e la musica prende forma soltanto dall’intelligenza musicale dell’artista. Tutto questo è jazz, ed è il motivo per cui non posso fare a meno di cantarlo.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


GB: Il jazz è molto più di un genere musicale, è una filosofia di vita, un modo di essere che va oltre la musica. Nel corso degli anni ho letto moltissime biografie dei grandi interpreti della musica jazz: Billie Holiday, Charlie Parker, Ray Charles, John Coltrane, Miles Davis e tanti altri; in tutte queste vite ho visto un denominatore comune, ossia il travaglio di un popolo che ha scelto la musica per esprimere la propria sofferenza e il desiderio di emanciparsi nella lotta per i diritti civili; il jazz è per me una musica che prende in considerazione l’area totale della sua esistenza come mezzo per evolversi, muoversi, vivere.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


GB: Quando penso al jazz associo ad esso tre parole per me fondamentali: libertà, creatività e passione. Ognuno di noi interpreta l’arte principalmente sulla base del proprio sentire e non a caso il grande sociologo Max Weber diceva “ognuno vede ciò che ha nel cuore”. Io vivo il jazz come l’espressione massima di questi tre termini: esprimersi senza compromessi, in piena libertà e dando spazio alla propria immaginazione con lo scopo di emozionarsi ed emozionare il più possibile chi ascolta.



JC: Tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


GB: Sicuramente Lady in Satin di Billie Holiday, A love supreme di John Coltrane e Aura di Miles Davis.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


GB: Più che maestri, mi piace affermare che ci sono state alcune personalità che mi hanno fortemente affascinato; nella musica molteplici artisti hanno catturato la mia attenzione per la loro grande capacità interpretativa e per la loro genialità, così come in altre forme d’arte, e sarebbe indubbiamente riduttivo citarne soltanto alcuni di loro, ma nella vita i valori che veramente contano e che ho sempre cercato di seguire sono quelli che mi sono stati dati in famiglia fin da bambina.



JC: E le cantanti che ti hanno maggiormente influenzato?


GB: Ci sono alcuni cantanti che hanno catturato la mia attenzione fin dal primo ascolto e che hanno influenzato indubbiamente la mia carriera artistica per le loro grandi capacità: la forza interpretativa di Billie Holiday, l’eleganza e la raffinatezza di Ella Fitzgerald, l’uso strumentale della vocalità di Al Jarreau, la genialità di Bobby Mc Ferrin; tutti grandi artisti che hanno a mio parere lasciato un segno indelebile nel mondo del jazz cantato.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


GB: Il momento più bello è stato creare un album che mi rappresenta a 360 gradi, ed è il caso di Stories Yet To Tell; non avevo ancora provato la sensazione di lavorare ad un progetto soltanto mio, pensarlo e realizzarlo dall’inizio alla fine. È una bellissima emozione tenere fra le mani qualcosa che è il frutto delle tue idee, dei tuoi pensieri, del tuo io e non posso che augurarmi che questo sia soltanto l’inizio.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


GB: A parere mio la situazione musicale in Italia è molto difficile e viviamo un momento in cui ci sono pochi spazi per la “musica di qualità”. Stiamo assistendo ad un decadimento culturale molto pensante a mio avviso, e purtroppo questa realtà che si è venuta a creare è il riflesso di uno “show business” che non ripaga dei veri talenti ma da spazio a personaggi che dettano soltanto mode; forse sarebbe il caso che esistessero più trasmissioni dedite alla musica con la M maiuscola e meno talent show…



JC: E più in generale della cultura in Italia?


GB: Penso che la cultura in Italia stia vivendo un momento molto delicato; pochi fondi, sempre più tagli, artisti costretti a trovare spazi all’estero dove poter proporre la loro arte. Ci vorrebbero più energie per rilanciare questo bene preziosissimo, che caratterizza e rappresenta da sempre un paese e le persone che ne fanno parte, ripercorrendo la loro storia e le loro radici.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


GB: Per ora mi accontento di dedicare le mie energie a questo mio ultimo lavoro Stories Yet To Tell: nel 2014 inizierò a proporlo live in molti club, in rassegne e festival. L’album sta riscontrando parecchi pareri favorevoli, come testimoniano le numerose recensioni che sono state scritte ad un mese dall’uscita, e non posso che augurarmi di avere presto nuove storie da raccontare, naturalmente con la musica.