Irma Records – 2013
Pierluigi Masciarelli: chitarra
Emiliano Pari: organo, voce
Marcello Surace: batteria
ospiti
Eric Daniel: flauto
Franco Marinacci: sax
Nell’epoca della felice (e sostanzialmente non contraddittoria) convivenza degli stili, parrebbe forzato parlare di seconda adolescenza o nuova giovinezza per il tale o tal altro filone, le cui rappresentazioni non sono necessariamente parallele, palesando piuttosto come lo spirito delle formule non sia consegnato agli archivi e quanto possa essere spesso genuina e fattiva la voglia, sia pure a guisa di divertissement, di misurarsi con canoni che sembravano aver perso una centralità d’immagine. Di massima esposizione nei mercuriali Seventies (ma probabilmente anticipato da tendenze di alcuni quinquenni più remote), l’àmbito Soul-jazz ha trovato maggior incarnazione in figure tra Cannonball Adderley, George Benson o George Duke – e potrebbe nelle sue estensioni includere anche personaggi di diversa ed eterogenea espressione che potrebbero toccare da Eumir Deodato fino a Joe Zawinul.
Distante dal “soul” per una minor prevalenza degli influssi Gospel e una assai più spiccata derivazione dalle formule Rhythm ‘n Blues, il genere fu segnato da tipici combo, spesso vivacizzati dalle colorite prodezze dell’organo Hammond, formula peraltro ripreso dal presente trio allargato, i cui componenti danno vita ad un progetto in cui si ritrovano tutti gli elementi caratterizzanti della musica nera degli anni ’60 e primi ’70. La spina dorsale del lavoro è il Jazz: ma parlare di un disco jazz vero e proprio risulterebbe riduttivo perché il lavoro di Soul Jazz Unit innesta sulla musica jazz elementi soul e funk, gospel, avvalendosi dell’abilità vocale di Emiliano Pari, voce che non ha nulla da invidiare ai cantanti R’n’b americani.
I tre musicisti provengono da differenti esperienze musicali spazianti dal rock al house, dal cantautorato italiano al funk, al gospel, passando per il Jazz ed il Blues. È, infatti, grazie alla loro eterogeneità e alla loro ricchezza musicale che hanno dato vita ad un lavoro basato su arrangiamenti ben costruiti, composizioni semplici ma mai banali. Le peculiarità dei singoli musicisti si sono fuse conferendo al lavoro grande unità espressiva. Marcello Surace, batterista di lunghissima esperienza che ha accompagnato tra i più grandi artisti italiani ed internazionali, riesce a creare una base ritmica perfetta sulla quale l’organo e la chitarra possono danzare e muoversi liberamente. Emiliano Pari, leader di diverse formazioni musicali e sideman di noti musicisti della scena italiana, è un pianista/organista che riesce a rendere “più funky” qualsiasi esecuzione, unitamente ad un lirismo solistico di altissimo livello. Piero Masciarelli, ex compositore e componente dei Babyra Soul, con il suo suono e la sua pronuncia lascia una traccia ben precisa ma mai invadente della propria dirompente personalità grazie anche ad una buona capacità improvvisativa. L’effettistica d’antan (le già citate tastiere, il wha-wha della chitarra “parlante”, le scivolose quadrature della batteria, le manieristiche e spigliate uscite dei fiati) conferisce elementi d’attrazione non solo per i nostalgici, per forza di cose appartenenti alle generazioni “anni ‘anta”, e quanto alle energie spese lungo le dieci misure esse riescono a dar vita ad un suono caldo, ricco di groove. Le sei composizioni originali possiedono sobrietà melodica unita a costruzioni sonore che riescono ad abbracciare i diversi generi. Gli arrangiamenti degli standards esitano in un valido equilibrio d’insieme, conferendo aggiornata sonorità ed un’interpretazione non scontata a pezzi estremamente celebri quali Red Baron di Billy Cobham, Your is the light di Carlos Santana, Love having you around di Stevie Wonder ed il superclassico Summertime.
Le “ricette della vecchia scuola”, denominazione autoironica entro certi limiti, non si limitano a sfornare prodotti già digeriti o precotti (anche se l’ossequio alle morfologie del passato è palese, ove non dovuto), e non mancano momenti segnati da scavo e indugio interpretativi, dall’utilizzo di un linguaggio attuale e da un lirismo che non è mero esercizio esecutivo ma supporto per momenti più intimi ed emozionali.