Aki Takase la Planète – Flying Soul

Aki Takase la Planète - Flying Soul

Intakt Records – Intakt CD 220 – 2014




Aki Takase: pianoforte, celesta 

Louis Sclavis: clarinetto, clarino basso

Dominique Pifarély: violino

Vincent Courtois: violoncello






La notevole incisione a quattro mani Yokohama (Intakt, 2009) aveva sancito un’importante e piuttosto sensazionale partnership tra due assi di piena maturità: la pianista Aki Takase e il fiatista Louis Sclavis (poche necessità di presentazione per entrambi) tornano, e felicemente, ad interagire entro un nuovissimo quartetto che arruola anche due talentuosi esponenti dell’esplorazione con l’arco.


Segnato da morfologie “meno jazz” (comprendendo la fatuità, specie nei casi in oggetto, dell’imbrigliamento entro il “genere”) quanto piuttosto sospeso lungo libere correnti discendenti dall’avant-garde post-accademica, il presente Flying Soul è opera di ricerca nel libero carattere dell’incontro e della liberazione da copioni di sorta, incorporando linguisticamente il grande spirito cameristico del travagliato Novecento, non soltanto per le carature di ruolo di tutti gli strumenti, quanto per i compositi esiti d’insieme.


Le cristalline preziosità della rara celesta, le articolate carpenterie del pianoforte, gli scavi d’arco incisivi e sapienti, l’eloquenza riflessiva e lo slancio eruttivo delle ance, le pittoresche incursioni della voce femminile “sfidano la gravità” dell’ossequio al vincolo formale, addirittura operando (tale la seducente impressione) un alleggerimento dai “carichi” di personalità dei protagonisti (pur rimanendo riconoscibili le concitate affabulazioni sclavisiane, così come lo scintillante fraseggio takaseano) a vantaggio di un interplay di trama sottile e spesso sub-materica, e il “discorso musicale” dei quattro, speso lungo quindici misure di eterogenea titolazione, esplora con freschezza altrettanti sentieri di cesellata destrutturazione e, grazie all’incontro dei performers in gioco, dagli stessi trae il grande gusto per l’affresco dinamico, le accuratezze di fraseggio e le sensibilità armoniche, oltre ad un clima di efflorescenza “spontanea” dell’immagine sonora.


Non estranea rispetto ad un’incombente, impregnante spiritualità non confinabile alle pratiche e visioni estremo-orientali, nemmeno esente da ombre e contrasti dinamici, l’esotica ma nell’essenza austera calligrafia conseguita dall’ “anima danzante” dell’ensemble segna un grande punto creativo ed estetico tra le primissime produzioni del nascente anno, nelle premesse in nulla inferiore a quello appena trascorso, né di alcuna tangibile flessione sul piano della creatività, conferendo peraltro ulteriore lustro alla personalità e alle scelte di casa Intakt, etichetta su cui non gravano riserve alcune circa l’operosità e quale peculiare faro della musica di (grande) qualità e fucina di (cospicui) talenti.