La musica secondo Tom Jobim

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La musica secondo Tom Jobim.

Nel ventennale della scomparsa.



La Real Cinema dell’editrice Feltrinelli continua nella meritoria opera di pubblicare importanti testimonianze audiovisive (nel comodo supporto di dvd più libro), dalla fiction al documentario, sulla cultura novecentesca, ivi compresa la musica, in ogni sua forma. Dopo i vari omaggi ai Doors, a Luciano Berio e a Michel Petrucci, tocca ora alla figura di Antonio Carlos Jobim (1927-1994), per tutti Tom Jobim: vengono riuniti due recenti film del grande regista Nelson Pereira Dos Santos, già protagonista dagli anni Sessanta, del cinema novo, ovvero la nouvelle vague brasiliana, molto politicizzata.


Per ritrarre il maestro della bossa nova, figura centrale assieme a Joao Gilberto, di una stagione indimenticabile, profonda rinnovatrice delle sonorità locali e della popular music internazionale, Nelson si pone simbolicamente dietro la macchina da presa in due differenti maniere che alla fine risultano al contempo antitetiche e complementari. Nel primo film La musica secondo Tom Jobim la biografia artistico-musicale del pianista, cantante, band leader e soprattutto compositore (anche in senso classico, ad esempio con la sinfonia dedicata all’edificazione della nuova capitale Brasilia), c’è solo materiale di repertorio, senza voci fuori campo: scorrono, per un’ora e mezza, con un seducente montaggio, spezzoni cinetelevisivi di grandi musicisti che, nel corso di oltre mezzo secolo, interpretano le varie splendide Garota de Ipanema, Insansatez, A felicitade, Chega de saudade, Agua de beber, eccetera: si ammirano quindi star brasiliane femminili come Elis Regina, Mucha, Gal Costa, Maysa o i compagni di strada Vinicius de Moares e Chico Buarque de Hollande, il primo quale poeta/paroliere, il secondo da cantautore.


E poi si vedono e si ascoltano, spesso in rari filmati, i jazzmen americani, dai crooner ai bopper, perché la bossa nova (di Jobim in particolare) resta l’ultima grande cultura straniera a essere esportata, amata, assimilata (e talvolta reinventata) negli Stati Uniti, fin dai primi Sixties: ecco allora via via Dizzy Gillespie, James Moody, Gary Burton, Gerry Mulligan, Oscar Peterson, Erroll Garner fra gli strumentisti, Ella Fitzgerald, Judy Garland, Sarah Vaughan, Diana Krall, Jane Monheit, Stacey Kent, Frank Sinatra, Sammy Davis Jr, il francese Henri Salvador per i vocalist: tutti a offrire stupende versioni del repertorio di Jobim, insistendo di volta in volta sui cotè melodico, timbrico, ritmico, senza nulla togliere ai restanti musicisti (gruppi, cantanti, orchestre, cori) selezionati da Nelson per il lungometraggio: sono quarantasette in tutto fra quelli accreditati, con qualche vistosa assenza, forse dovuta a motivi di copyright o piuttosto a causa dei complessi rapporti intercorsi fra Jobim e altre stelle carioca.


Il secondo film A luz do Tom, di circa un’ora, si basa invece si tre lunghe interviste alle donne che negli anni, accompagnano la vita dell’uomo e del musicista: Helena (sorella), Theresa (prima moglie), Ana (seconda moglie) raccontano e spiegano Jobim nel privato e nel pubblico, sottolineandone l’estrema naturale professionalità, la passione incondizionata per l’arte musicale (in particolare la sensibilità di melodista e armonizzatore) e non ultima l’attaccamento verso la natura incontaminata dalle grandi foreste tropicali ai diversi coloratissimi volatili che le abitano: non a caso le interviste vengono condotte da Nelson, oltre le mirabili panoramiche della videocamera dall’alto, in parchi e giardini, in mezzo a un verde lussureggiante, quasi a sottolineare la dialettica di Tom Jobim – confermata anche dai ricordi antologizzati nel volume allegato I maestri del sogno a cura di Gianluca Scarpellino – fra la propria creatività umana e il fine ultimo esistenziale che da sempre seduce la mente e l’estro di questo geniale personaggio, unico e irripetibile: Antonio Carlos Jobim.