Dodicilune Dischi – – 2013
Stefano Savini: chitarra
Walter Zanetti: chitarra
Ottavia Sisti: voce soprano
Davide Di Iorio: flauto
Stefano Rava: oboe
Mauro Vergimigli: sax tenore
Gian Maria Matteucci: clarinetto
Enrico Farnedi: tromba
Francesco Bucci: trombone
Guido Facchini: pianoforte
Francesca Sgobba: violino
Patrizia Castiglia: violino
Stefano Martini: violino
Fabio Gaddoni: violoncello
Giacomo Gaudenzi: violoncello
Mauro Mussoni: contrabbasso
Stefano Ricci: contrabbasso
Daniele Sabatani: percussioni, vibrafono
Stefano Savini debutta su Dodicilune con questo cd inciso con altri 17 collaboratori. Malgrado il numero elevato di strumentisti radunati all’uopo, non siamo di fronte ad un disco propriamente orchestrale, poiché i musicisti sono divisi spesso in formazioni di consistenza più ridotta. Raramente suonano tutti insieme. Così si ascoltano brani riservati quasi esclusivamente agli archi. Due pezzi sono appannaggio del solo pianoforte. In altre situazioni è la chitarra ad agire in solitudine o è protagonista un trio anomalo, vibrafono, contrabbasso e oboe su cui si innesta una voce lirica. Si potrebbero citare altre commistioni, ma già questo può dare l’idea di come ha lavorato il compositore emiliano. Ogni pezzo è eseguito dall’organico ideale stabilito dal bandleader. La sinergia di gruppo viene comunque fuori dal risultato finale, poiché di musica semplice si può a ben ragione parlare dopo aver sentito tutte le tracce. Il titolo è indicativo della scelta estetica dell’artista ; vale a dire realizzare una musica facile all’ascolto, non particolarmente impegnativa per l’orecchio, ma organizzata nei dettagli, curata nell’impaginazione, preparata a puntino.
Volendo arrivare ad una definizione un tantino forzata, potremmo dire che ci troviamo di fronte ad un folk reinventato, raffinatamente cameristico, appena appena un po’ jazzato.
Le composizioni sono tutte di Savini e profumano di campagna, di feste sull’aia. L’autore rimodella queste memorie sonore con una ricostruzione lontana dall’elemento ruspante e casareccio, piuttosto è incline a privilegiare il tocco elegante, di una ricercatezza, ad ogni modo, di comodo impatto.
Musica semplice si presenta in sintesi come un album concept. I titoli dei pezzi si riferiscono alle varie fasi della vita dell’uomo, dalla nascita alla morte. Alcuni titoli sono in dialetto, come Gombar (vale a dire cocomero) e attestano la volontà evidente del chitarrista di rimanere legato mani e piedi alla sua terra, alla sua tradizione, seppur da una posizione colta, intellettuale, non certo aristocratica.
I musicisti che affiancano il compositore vantano esperienze diverse nel classico, nel pop o nel jazz e si mettono a completa disposizione del leader offrendo un contributo decisivo alla buona resa della suite. Sì perché questo cd anomalo nel panorama musicale italiano, impossibile da inquadrare in un genere preciso, contiene pregevoli melodie, impasti timbrici coerenti e parti arrangiate con gusto e sapienza. L’esordio di Savini come capobanda, perciò, può dirsi felicemente riuscito.