Traumton Records – CD 4599 – 2014
David Helbock: pianoforte, pianoforte preparato, pianoforte giocattolo, melodica, bassdrum, clave, giocattoli, percussioni, live electronics
Johannes Bär: tromba, flicorno, piccolo trumpet, corno baritono, tuba, helicon, sousaphone, corno alpino, didgeridoo, beatbox, percussioni, live electronics
Andreas Broger: sax tenore, sax soprano, clarinetto, clarinetto basso, flauto, slide-trumpet, bassdrum, percussioni, live electronics
I due personaggi ai quali pensa il David Helbock’s Random/Control sono Thelonious Monk e Hermeto Pascoal: il filo logico seguito dal pianista David Helbock, insieme a Johannes Bär e Andreas Broger, li porta all’interno di un gioco musicale realizzato attraverso la somma e la stratificazione di tanti piccoli dettagli, un vero e proprio collage dove ritroviamo oggetti ancestrali ed el elettronica, voci e strumenti consueti. Nel meccanismo messo a punto da Helbock il materiale viene usato e manipolato secondo coordinate spesso non consuete e altrettanto spesso spiazzanti e le linee melodiche dei brani sono sempre al centro dell’attenzione di musicisti e ascoltatori, ma mai “lasciate in pace”, per così dire. In pratica tutto l’armamentario di strumenti – e dalla lista che precede il testo se ne può vedere la varietà – e di intenzioni viene ad accostarsi alle melodie per spostarle verso nuove prospettive, per catapultarle in altri contesti, per aprire spazi di libertà espressiva, per innescare azioni di disturbo e di manipolazione utili a dare una lettura che sia propria del trio – e difficilmente viste le premesse può ricalcare cose già sentite – e a mantenere il punto sulle figure di due simboli dell’arte del novecento quali Monk e Pascoal in realtà sono.
E, in effetti, la lunga teoria di strumenti, interventi e intuizioni consente al trio una esplorazione ellittica nella musica dei due protagonisti presi in esame. Cinque brani di Monk – ‘Round Midnight, Raise Four, Trinkle Tinkle, Pannonica e Think of One – e sei di Pascoal – Voa, Ilza, Nas Quebradas, Música das Nuvens e do Chão, Tupizando, Palhinha do Hermeto e da Aline e Floresta – ai quali vanno aggiunti Para Hermeto, unico brano originale firmato dal pianista, e una ghost track in stile “hermetico”, sottoposta poi a pesanti interventi di post produzione, compongono un lavoro quanto meno articolato e sorprendentemente consequenziarie, una volta afferrato il meccanismo. In effetti, il punto centrale sono le melodie celebri dei due autori, mantenute sempre come riconoscibile riferimento nell’opera di ristrutturazione operata da Helbock, Bär e Broger. Quando ci si distanza dalla linea cantabile, sono riconoscibili sempre gli accenti, gli “appoggi”, le reminiscenze di Monk e Pascoal, in una sorta di staffetta continua che sposta in avanti il testimone di strumento in strumento. il trio gioca con il necessario sottinteso lasciato dalla conformazione del trio, senza sezione ritmica, anzi cerca di ampliare con oculatezza questo spazio con i passaggi necessari ai cambi di strumento, con gli unisono, con le sezioni in solo, con gli interventi più lontano dal centro melodico. È un trattamento che coglie questi brani alle loro radici, che ne spoglia e ne mette in luce angolazioni per forza di cose differenti da quelle solitamente percorse da una formazione più canonica: ripetizioni, spazi, sfumature e per un’operazione che mira non tanto a sovvertire quanto proprio a riavvicinarsi allo status originale dei brani secondo altre forme, a trovare l’equilibrio sulle deviazioni scatenate dalle premesse di partenza.
La curiosità, semmai, resta per la resa dal vivo di un simile lavoro e di una “macchina sonora” davvero ampia: anche negli aspetti scenici e nelle possibilità improvvisative, la presenza di tanti strumenti sul palco diventa una tavolozza pressoché inesauribile per i tre musicisti.