ECM Records – ECM 2276 – 2013
June Tabor: voce
Iain Ballamy: sassofoni
Huw Warren: pianoforte
June Tabor, Huw Warren e Iain Ballamy si muovono in un territorio intermedio tra canzone, folklore, jazz e improvvisazione: Quercus è la sintesi del percorso fatto dai tre musicisti, un percorso acustico e rigoroso, austero quanto capace di mettere l’accento sulle tensioni e sulle emozioni, un lavoro dove davvero pochi elementi sono lasciati al caso. I tre protagonisti riescono ad evitare il pericolo connaturato in ogni operazione di sintesi, vale a dire annullare i vari ingredienti in una miscela priva di sapore o di connotazioni, Innanzitutto con lo spessore delle interpretazione, con la forza intima e, per questo, profonda e sempre significativa delle rispettive linee. In secondo luogo concorrono le soluzioni affrontate durante gli undici brani, dove spesso il trio si riduce al duo e al solo e per porre così con maggiore risalto l’attenzione sulla dimensione essenziale e, naturalmente, cantabile di molte delle melodie.
E questa cantabilità conduce il sapore ancestrale delle atmosfere disegnate dal trio. Le radici del folklore britannico, la forza espressiva degli inni e dei canti sacri, la “rivisitazione” degli stessi riferimenti effettuata negli anni ’60 – dal folk al jazz, dalla Scuola di Canterbury al rock progressive – e naturalmente le esperienze personali dei tre singoli musicisti diventano i punti di partenza per quella sintesi cui si accennava sopra. Il trio lascia permeare la propria musica delle reminiscenze classiche e le sperimentazioni, la particolare cura nella combinazione dei timbri e nella capacità evocativa delle composizioni proposte.
L’essenzialità perseguita in ogni momento, la continua sottrazione operata da Tabor, Warren e Ballamy agevola lo sviluppo di un disco denso e ricco di suggestioni. Una costante e meticolosa applicazione rende sostanziale ogni tassello e lascia proseguire il senso del racconto anche nei silenzi e nelle pause, nel senso di attesa creato passaggio dopo passaggio. Quercus sembra quasi sfidare il senso del tempo in una fusione di elementi antichi e di prospettiva moderna: l’impatto di una interpretazione davvero elegante e asciutta e la semplicità, allo stesso tempo, familiare e severa dei brani affascinano e pongono riferimenti e radici sotto una luce nuova e fertile, il passo sicuro dei tre riconcilia e rende accogliente e raffinato il lavoro pur senza concessioni o compromessi.