Gretchen Parlato – Live in NYC

Gretchen Parlato - Live in NYC

ObliqSound – OS 114/115 CD + DVD – 2013




Gretchen Parlato: voce, percussioni

Taylor Eigsti: piano, tastiere

Alan Hampton: basso, voce (1, 3, 4, 5, 6)

Mark Guiliana: batteria (1, 3, 4, 5, 6)

Burniss Earl Travis II: basso, voce (2, 7, 8, 9)

Kendrick Scott: batteria (2, 7, 8, 9)






Molto arricchito dall’importante contributo video del pregevole DVD (recante circa metà del programma ma che offrirà ulteriori spunti conoscitivi sullo stile generale dell’interprete), il presente Live in NYC, testimonianza di una coppia di serate di primo inverno del 2012, tratteggia utilmente l’attuale stato di crescita di una protagonista che con una manciata di uscite discografiche si è ritagliata un ruolo di spiccata centralità nel contemporaneo milieu della performance ma più in generale della presenza vocale.


Sostenuta alternativamente dal drumming macchinoso e massiccio di Kendick Scott (con occasionali sospetti di perfettibilità) e da quello agile e descrittivo di Mark Guiliana, dalla sezione bassa costruttiva e all’occasione versatile di Burniss Earl Travis e Alan Hampton, bilanciata dalle armonizzazioni ma anche dal contraltare dinamico e brillante, sia elettrificato che acustico, delle tastiere di Taylor Eigsti, Parlato procede con sicurezza e senza tema di proporsi secondo una formula che un approccio superficiale potrà ritenere monocorde, ma è in realtà alquanto articolato a partire dalle calde, immediate effusioni dell’incipit, appropriata business-card, la Butterfly di Hancock-Maupin, ormai fatta propria e modellata sulla calda e piacevolmente nasale vocalità.


Questa si snoda piuttosto fedele a sé stessa non mancando di condividere il piacere di giocare con la musica con gli effluvi made in Brazil di Alô Alô, il serpiginoso funk di Holding back the years, il dinamismo duttile di On the other side, le vivacizzazioni climatiche dell’assertiva Within me, assumendo speciale corpo e statura persuasiva nell’imbastitura di momenti quali la Juju di Wayne Shorter (già partner della vocalist, al pari di Hancock), congedandosi nelle siderali liquidità dell’autografa, evanescente Better than.


Una trasvolata sulle precedenti prove vocali farà riscontrare l’acquisizione di ulteriore sicurezza e il consolidarsi di un personale blend canoro che ha fatto propria la fluida cantabilità bossanoviana e che continua ad operare una speciale sintesi dei molteplici modelli jazz, non omologandoli ma facendoli piuttosto confluire lungo un canone vocale tratteggiato dall’emissione soffusa e una risonanza onomatopeica smussa e rotonda, con un’assai personale alonatura di calore interpretativo.


Caratterizzata, tra l’altro, dai calibrati crescendo, dal vibrato sottile, da una forza catturante, se non immediata, di corpo morbido e persistente, la calda, alchemica dolcezza di Gretchen Parlato dilaga con quieta fermezza in questa felice presa diretta, in cui l’interprete si definisce forte di intuizioni piuttosto personali nel mantenersi distante da effettismi importabili e funambolismi a perdere, intrattenendoci entro una morbida sospensione del tempo.


Di soffice statuarietà, seduttiva con il persistente fascino della discrezione, questa prova complessiva ci dona il privilegio di vivere e rivivere questa speciale vocalità in un’istruttiva pausa di ristoro, che ne palesa la sensualità mai troppo esplicita e l’originale classe, foriere di entusiasmo senza clamori.