Foto: Fabio Ciminiera
Omar Sosa Piano Solo
Foggia, Moody Jazz Café – 18.2.2014
Omar Sosa: pianoforte, voce, fender rhodes, live electronics, percussioni
Omar Sosa concepisce il piano solo come intreccio di più linee espressive, sulla scia di quanto era stato proposto in Calma, disco del 2011. L’aspetto riflessivo e intimista, le tessiture elettroniche inserite dai campionamenti, la sonorità ancestrale della voce e gli interventi delle tastiere e poi anche il son cubano, le reminiscenze africane e medio-orientali: sono tanti gli ingredienti che compongono la “mezcla” sulla quale si librano le linee melodiche disegnate dal pianista.
Il risultato è in una sintesi coerente e compatta dei numerosi elementi. Un concerto ricco di personalità, capace di spostarsi in modo anche repentino nei diversi paesaggi e trasportare gli ascoltatori: Sosa riesce a tenere insieme i vari fili con grande sapienza in un concerto che sfiora le due di durata senza mai perdere di sapidità, senza mai abbassare il livello di intensità emotiva. Una storia in musica, in pratica. Al centro del racconto, come si diceva, la vena riflessiva, una attività costante e sempre equilibrata sulle melodie e sulle emozioni causate. Il primo livello intorno al nucleo melodico è il lavorìo sui suoni: voce, fender Rhodes, piccole percussioni, campionamenti, manipolazioni elettroniche vengono utilizzati per creare un ambiente del tutto particolare per le frasi. Un ambiente morbido, avvolgente e rarefatto allo stesso tempo, essenziale e ricco di tante sfaccettature. In grado, soprattutto, di contenere la grande varietà linguistica delle melodie, di offrire sponde utili per non fare risultare fuori luogo i tantissimi input portati dal pianista.
L’utilizzo enciclopedico di linguaggi e ritmo rappresenta il terzo livello. Elementi provenienti dal folklore e dalle tradizioni del mondo, dalla musica colta e dal jazz e dal blues, da ogni latitudine e longitudine e utilizzati da Omar Sosa sia a un livello visibile che nelle profondità della costruzione sonora.
Come si potrà ascoltare nell’intervista realizzata al termine del concerto, l’intenzione di Sosa non è quella di stupire con tecnica e virtuosismo quanto quella di condurre gli ascoltatori in un viaggio intimo, mistico quasi. E se, come nel lungo momento sui ritmi cubani verso la fine del concerto, la forza e l’abilità del pianista diventano protagonisti di alcuni passaggi è sempre un lavoro rivolto ad esplorare la sfera emotiva e a suggerire riflessi ed espressioni.
Ed è tutta la preparazione e la gestione del concerto, dagli abiti di scena all’incenso sul palco, dagli oggetti e dalle percussioni utilizzati al dialogo con gli spettatori a rendere conto della filosofia musicale del pianista: una costruzione fatta di tanti tasselli, tutti diversi ma legati con un “collante” estremamente valido, capace di dare unità al concerto sia dal punto di vista semantico che musicale, capace di esplicitare il messaggio universale richiamato dai campionamenti e chiaramente evocato dalle parole di Omar Sosa.