Federica Michisanti – Trioness

Federica Michisanti - Trioness

Autoproduzione – 2013




Federica Michisanti : contrabbasso, composizioni

Simone Maggio : piano, armonium

Emanuele Melisurgo: sax tenore, sax soprano






Di garbo, tocco gentile e buone maniere non si ha mai abbastanza – e su questo concorderemmo tutti: ci si può forse chiedere quanto il concetto si applichi ad un campo la cui espressività ha spesso vissuto anche di impeti e durezze (e perché no, violenza) come in molte manifestazioni del jazz.


Graziato da una presentazione grafica suggestiva e “importante”, rodato da una regolare performance concertistica, il progetto drumless della giovanissima contrabbassista romana vive comunque, oltre le iniziali apparenze una vita linguistica e scelte stilistiche non prive di complessità, con il coraggio di sottrarsi alle soluzioni di maniera.


Le impressioni dell’ascolto sono peraltro avvalorate dalle parole della bassista-compositrice: «La scelta di un organico senza batteria mi ha permesso di dare maggior risalto ad alcune sfumature di suono e di dare prevalenza alla melodia e all’uso, talvolta, della sovrapposizione delle voci dei tre strumenti, sfruttandone le diversità timbriche per ricavarne una nuova trama musicale. L’unione di questi elementi conferisce alle mie composizioni una connotazione a tratti cameristica, portandola spesso lontano dalle sonorità jazz più convenzionali.»


A conferire corpo alla nitida presa di posizione che per lo più rifugge ammiccamenti o effettistica, dopo l’avvio in stratificato incedere di Fine Tales, e l’intuitivamente “molto privato”, animato ed allusivo Scott Cat (prossimo parente dei Leather Cats di Glen Moore), l’elastica e conformata voce di basso introduce il laborioso brulicare di Naturalmente, titolo semanticamente contraddetto dallo sviluppo per lineari paradossi.


L’Arciere è palesemente figura che avoca a sé piena dotazione di calma e serenità di visione per deliberare le proprie traiettorie, aprendo il corso e la progressione thriller di Le Voleur, e la declamazione notturna di Major madness rinuncia alle insanie del titolo per conformarsi in distillata e catturante ballad, prima del nitidissimo ed eloquente solo che segna il congedo in Time store.


«L’obiettivo di registrare i miei pezzi è stato uno stimolo notevole per la raffinazione di questi ultimi. Inoltre, il lavoro in studio era per me un’esperienza imprescindibile per la cura del suono e per l’opportunità di entrare intimamente e totalmente in contatto con la musica; è stato molto diverso dalle esecuzioni dal vivo».


A dispetto dell’impatto generale, ad un primo ascolto all’insegna di sobrietà e comunque mai fatua gentilezza, aprendo la visuale sulle parti il piano di Maggio non lavora certo per sottrazione quanto piuttosto in alacrità inventiva, in interplay con la voce “étoffée” del sax (particolarmente il soprano) di Melisurgo, all’occorrenza corposo e vibrante, trovando il tragitto insieme àncora e timone nel pendolo basso, piuttosto puntuale e figurativo, di Michisanti: ciò donando all’impianto dell’intero album musicalità poco ovvia, equamente tripartita con diversificazione di ruolo e con gusto per lo sbilanciamento armonico.