ECM Records – ECM 2334 – 2013
John Abercrombie: chitarra
Marc Copland: piano
Drew Gress: contrabbasso
Joey Baron: batteria
Parlare di John Abercrombie significa anzitutto tuffarsi a piene mani nella storia del jazz.
Lungi da diventare agiografici, bisogna ammettere che quest’ultima fatica si presenta con un sound fresco e vivace: una esperienza godibile fino all’ultima traccia.
Agli ormai fidati compagni di sempre, Joey Baron e Drew Gress, il chitarrista americano chiama Marc Copland con cui aveva già collaborato in passato sia nel quartetto di Chico Hamilton che in diversi contesti in anni più recenti.
I due si scambiano idee trovando un ottimo interplay senza sovrapporsi. Si gioca liricamente e armonicamente nutrendosi degli umori che aleggiano nell’aria.
L’album è dedicato al maestro del brivido Alfred Hitchcock con quattro brani che riprendono i suoi più famosi lungometraggi: vale a dire Vertigo, Spellbound, Shadow of a Doubt e 39 Steps, titoli originali, rispettivamente, de La donna che visse due volte, Io ti salverò, L’ombra del dubbio e Il club dei 39.
Abercrombie costruisce brani completi e formalmente perfetti ma è proprio la forma qui che «non abbellisce il contenuto lo crea». Ci permettiamo di rubare il giudizio del critico e regista Eric Rohmer verso il cineasta britannico e di riversarlo sul musicista newyorchese.
Vertigo e LST sono due esempi mirabili in cui chitarra e piano riescono a scambiarsi vicendevolmente emozioni e suggerimenti in un dialogo permanente che non satura la resa compositiva e timbrica. Gli accordi sono melodiosi e sagaci ed hanno un gusto ed una freschezza inaudite: l’interplay è fenomenale e Joey Baron è sicuramente in stato di grazia.
Drew Gress sornione e appartato accompagna con docilità e compostezza ma sa anche rubare la scena a tutti come in Spellbound.
Melancholy Baby classico standard, viene scomposto in piccole cellule narrative ognuna autonoma.
Classe 1944, Abercrombie firma uno dei suoi più gioiosi e godibili album, testimonianza del fatto che quando si è ancora posseduti dal dáimon della musica l’età perde ogni significato.