Omar Sosa – Eggun

Omar Sosa - Eggun

Otà Records – OTA1024 – 2013




Omar Sosa: pianoforte, piano elettrico, elettronica, samples

Joo Kraus: tromba, flicorno, elettronica

Leandro Saint-Hill: sax alto, clarinetto, flauto

Peter Apfelbaum: sax tenore, soprano, sax basso, melodica, caxixi

Childo Tomas: basso elettrico, kalimba, voce

Marque Gilmore: batteria, programming, drum loop

Lionel Loueke: chitarre, voce

Marvin Sewell: chitarre

Pedro Martinez: percussioni

Gustavo Ovalles: percussioni

John Santos: clave, chekere, waterphone, panderetas, tambora, güiro, quijada

Lazaro Montalvo: preghiera Yoruba





Come spiegano Joan Cararach, direttore artistico del Barcelona Voll-Damm International Jazz Festival, nelle note di copertina al disco e lo stesso Omar Sosa nell’intervista che abbiamo pubblicato su Jazz Convention, Eggun nasce come una rivisitazione di Kind of Blue secondo le intenzioni estetiche del pianista. Il lavoro portato sul palco del festival catalano nel 2009, anno del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del capolavori davisiano, viene pubblicato nelle quindici tracce presenti nel disco.


Eggun non è un disco consueto, così come Omar Sosa non è il consueto pianista. Sono sempre parole di Cararach, utili per cercare di farsi strada nell’articolato pensiero musicale di un lavoro del tutto fuori da ogni schema consolidato. Innanzitutto, del materiale originale troviamo nel disco poco più che delle cellule, brevi frasi, passaggi: una sorta di percorso tratteggiato, in grado di farci ripensare a quanto avviene nelle cinque composizioni del trombettista statunitense. Si parte dal presupposto che Kind of Blue sia stato ascoltato, conosciuto, digerito, considerato come pietra angolare e riferimento certo per ormai cinque decenni. Sono forse più i titoli dei brani – Alternativo Sketches, So All Freddie e Angustiado se lo si vuole prendere come una traduzione larga di All Blues in spagnolo – a richiamare in maniera esplicita il contatto con il capostipite, non per niente Eggun vuol dire antenato. Questa notazione permea lo spirito del lavoro in modo profondo: si avverte la necessità di dialogare con i maestri e con le correnti stilistiche del passato. L’atteggiamento di Sosa in quest è quello di chi guarda il cammino fatto dagli altri, per poggiare il proprio primo passo sulle ultime orme lasciate e proseguire in modo autonomo, rispettoso ma sempre indipendente.


Si avverte allo stesso tempo quel bisogno – estetico, culturale, linguistico, espressivo – di far posto e trovare la sintesi alle ispirazioni che arrivano dai quattro angoli del pianeta. La musica di Eggun vive della “mezcla” tipica del lavoro di Omar Sosa, una visione universalistica che abbiamo conosciuto nei suoi dialoghi con Paolo Fresu e nei suoi lavori in piano solo: la formazione viene utilizzata con lo stesso metodo. Basta considerare le provenienze geografiche dei vari componenti e l’ampiezza dell’organico – un settetto arricchito dalle percussioni – per immaginare come il meccanismo possa rispondere alle necessità del pianista di leggere e riportare un approccio del tutto aperto ad ogni suggestione. Come nel caso del piano solo, il leader e compositore tesse questi tanti fili in una operazione dall’equilibrio sottile ma sempre presente: è l’aspetto emotivo quello che viene messo in primo piano, la musica proposta punta ad evocare più che a dimostrare. Anche quando si avventura nelle dinamiche più sostenute e nei passaggi più intricati, anche quando, gioco forza, emerge il virtuosismo tecnico e ritmico, l’attenzione dell’ascoltatore viene sempre rivolta verso le atmosfere e gentilmente distolta dall’eventuale “esibizione muscolare”. La forza di Eggun e del ragionamento innescato da Sosa è proprio nella capacità di utilizzare e riutilizzare una quantità vasta di riferimenti e materiali secondo un’estetica personale e, allo stesso tempo, plurale, secondo un’attitudine in grado di affiancare la sintesi all’attenzione al particolare più minuto. L’importanza della voce nel percorso del disco è forse un segno distintivo e fertile di questo atteggiamento felicemente duttile e duplice: Omar Sosa, Childo Tomas e Lionel Loueke accompagnano ciascuno secondo le proprie intenzioni la musica con la voce; la preghiera Yoruba di Lazaro Montalvo nella conclusiva Calling Eggun rappresenta uno dei momenti più intensi del lavoro; i campionamenti inseriti dal pianista per dare corpo alle atmosfere dei brani portano altre voci, altri accenti nell’enciclopedia pan-linguistica del lavoro.


Il rapporto con Kind of blue si tramuta, perciò, nella connessione di stati d’animo: è l’animo inquieto di Davis, la ricerca di nuove strade e di ponti tra tradizioni differenti che si ritrova nelle tante direzioni musicali fatte convergere da Omar Sosa in Eggun e, in generale, nel suo stile.