ENJA Records – Enj 9589 2 – 2013
Reut Regev: trombone, slide trumpet, flugabone, pianoforte, bata drum
Jean Paul Bourelly: chitarre, voce
Mark Peterson: basso elettrico, basso acustico, didjeridoo
Igal Foni: batteria, cajón, radio, piano preparato
ospiti:
Kevin Johnson: batteria (#6)
Jon Sass: tuba (#11)
Segnato da una tradizione estesa ed importante, il trombone in jazz ha potuto dare enorme sfogo al suo ampissimo potenziale solistico, già fin dagli indubbiamente spettacolari esordi nelle Dixieland-band, che gli hanno poi conferito attiva e visibile cittadinanza entro tutti gli stili, coprendo dal bebop e derivazioni fino alle mai marginali espressioni free.
Di formazione non inusuale nel suo Paese (condivisa ad esempio con un Asaf Sirkis) presso la banda dell’Esercito nazionale, ma quindi dirottata e grandemente sviluppata sugli stages nordamericani al fianco del batterista-consorte Igal Foni, la solista israeliana naturalizzata statunitense Reut Regev, di ritorno da recenti appuntamenti europei, non è un personaggio di facciata o ancor meno una pittoresca curiosità, vantando una presenza discografica ultradecennale, cui conferiscono particolare credito le partecipazioni a due incisioni di Anthony Braxton (9 Compositions e 12+1 Tet), nonché l’esperienza Conduction 117 sotto la direzione dello scomparso Butch Morris, giusto per adeguata messa a fuoco.
Con un senso della spettacolarità di grande investimento sul palco, l’accattivante solista fonda il proprio appeal in massima parte sulla fantasia fraseologica e un genuino senso dell’entertainment coniugati ad un senso del colore efficacemente condiviso dai versatili comprimari, e Regev così segna per Enja la seconda uscita del proprio R*Time, introdotta entro uno spirito solare (Drama maybe Drama) proseguendo con una possente tribalità di colore fortemente sub-equatoriale (Breaking the Silence) che s’addolcisce e incarna naturale mistero nei passaggi più dilatati e thriller (Montenegro, Raw Way) e molte ancora le carni sulle braci stilistiche, da un inedito jungle-blues che si fa reviviscenza soul (Great Pretender) alla tagliente loquela e la sagacia yiddish che assumono pervasivo colore e protagonismo, di concerto con la clownesca melanconia, nei ritmati Blue Llamas e New Beginning.
La costruzione teatrale, le vivide innervature funk (talvolta rockeggianti) infuse dalla coppia ritmica, i polimorfismi canori e le tensioni concentrate della chitarra, lo humour trasversale conferito dalle uscite della solista, il camaleontico groove con cui l’agguerrita band incorpora carica orchestrale, conformano un album piuttosto “abitato”, non solo per la disposizione polistrumentale dei partecipanti, quanto piuttosto per la versatilità linguistica dei solisti, in particolare di Regev, propulsiva e incontenibile front-woman e intelligente regista: Exploring the Vibe si dimostra album a suo modo completo, pur privilegiando la forma esplicita e il tratto marcato e catturante, indicato ad ascoltatori d’attitudine non-ortodossa e disposizione spettacolare senza pregiudizi.