Zone di Musica – ZDM 1402 – 2014
Milena Angelè: sax tenore, voce [# 10]
Edoardo Ravaglia: pianoforte, tastiere
Riccardo Gola: contrabbasso
Fabio Sasso: batteria
Enrico Bracco: chitarra
Appena licenziata da Zone di Musica la prima esperienza su solco della giovane esponente del sax tenore, che in poche misure guadagna attenzione quale fenomeno non dell’apparire quanto del definirsi concreta presenza delle vedute circostanti lo strumento e i relativi panorami di scrittura ed ascolto.
Del “maschio” strumento, di Milena Angelè si può affermare che riesca a cimentare sia corpo che trasparenze, sintonizzandosi sui più nuovi modelli per i quali s’invoca tra i molti un Mark Turner (pur dimostrando di aver assimilato anche setosità alla Rollins e grinta misurata alla Shorter), e i meriti abbastanza franchi della giovine tenorista vanno con onestà condivisi almeno con la sinergica partecipazione degli apporti tastieristici e ideativi di Edoardo Ravaglia, di squisita accuratezza fraseologica e intuitivamente esteso braccio operoso della titolare; grazie anche alle fluenze del duettare con la chitarra, sovente partner dello strumento ad ancia, della solida carena del basso, dell’agile e attento drumming, il complessivo sound corposo ed aggraziato, spesso guizzante, procede con logica coerente ed estetica solida, rendendo la band e la dotata solista agevolmente in grado di reggere la tenuta di un intero programma con completezza e nitido orientamento.
Freschezza e lucidità di visione ed espressione si condensano in uno spedito ma fruibile programma che tradisce prolungata esposizione al sistema solare bop non dissimulando in filigrana un qualche praticantato fusion e palesando capacità inventive quali la revisione della cover Depeche Mode, Free Love esposta in compunto e lunare mood, o il sensibile tributo a Scott LaFaro nelle prolungate decantazioni di Jade Visions, l’atmosferica Sunny di Bobby Hebb, le nette assertività dell’eponima, introduttiva Resiliency e il frizzante solfeggio di Sliding, improntato a mattutini umori, ritagliandosi un finalino in chiave evidentemente privata con la piccola e demenziale perla dell’innocuo motivetto He needs me a firma del cantautore e pop singer Harry Nilsson, misto di teatralità infantile ed artefatta naïveté (affidata in originale, se la cinefila memoria non c’inganna, alla stralunata Olivia di Shelley Duvall nel già archeologico Popeye di Robert Altman, e riesumata con analoga e brillante spudoratezza).
Il termine Resilienza sta a significare la peculiare abilità di resistenza, plasticità e agevole ripristino della forma, secondo accademiche precisazioni. Elementi che sono riconoscibili e condivisibili qualità di un debut-recording di presenza e identità non gratuite, di solida scuola ed evidentemente motivato.