Foto: Alessandro Ferrantelli
Lunghe radici elettriche – Mike Stern Trio live
Palermo, Teatro Golden – 12.5.2014
Mike Stern: chitarra
Tom Kennedy: basso
Steve Smith: batteria
La generazione “anni anta” delle sei corde elettriche ha espresso quelle personalità che, apprezzabili o meno che siano dai più, tuttora si contano all’incirca sulle dita di una mano.
Seguendone evoluzioni e carriere rispettive, si può attribuire un ideale profilo al tale o tal altro esponente, che dello strumento può configurarsi come una “grande anima” oppure “grande intelligenza” (o perché no “inguaribile futilità” – e qui gli identikit si facciano in piena libertà), ma del longevo Mike Stern si può affermare che rappresenti, discografia alla mano, una “grande corrente” del jazz elettrico, ormai di chiara collocazione al pari dei Metheny, Frisell, Scofield o Ritenour.
Curriculum che si può additare a classico della formazione fusion, dalla formativa, prima militanza nei Blood Sweat & Tears, alla band di Billy Cobham quindi alla svolta con Miles Davis, Stern ha già segnato almeno quindici incisioni da titolare, e particolarmente nella line-up dell’ultimo All over the place (del cui marketing l’autore non ci è sembrato del tutto disinteressato) appariva assai attento alle componenti ritmiche, coinvolgendovi oltre cinque batteristi, ma soprattutto ben otto distinti e sommi esponenti delle corde basse (Holland, Spalding, Bona, Bailey, Lee, Jackson, Wooten e il qui presente Kennedy), e tali vedute, in forma se possibile in forma ancora più massiccia, sono mantenute e condotte a più solide conseguenze come esplicitato dal tono della presente serata.
Voce all’occorrenza tranciante e di cantabilità solida, in cui l’ariosità di fraseggio appariva pervasa da un plasmatico spirito di fuoco, Stern non si fa ricordare per la trovata tematico-melodica persistente nella memoria, devolvendo assai maggiori attenzioni agli sviluppi fluenti e tesi degli elaborati solo: in ciò sostanziale contributo veniva conferito dagli altorilievi color di bitume del basso di spiccata personalità ritmico-solistica del notevole Tom Kennedy, abile anche a contornare le rocciose sculture del drumming possente e di polso marcato di uno Steve Smith in tonica forma, trascinante nelle sue tonanti ripartizioni di tempo (e che avrebbe potuto anche far a meno di certe incursioni nel colore indiano, francamente un po’ risapute).
Tutti determinanti nell’alimentare e mantenere un groove assai consistente, solido e marciante, sbarazzandosi e alienando dal proprio soundscape certe leziosità e certi preziosismi un po’ a vuoto dei propri solchi discografici, e il Mike Stern Trio ha articolato un linguaggio compatto, impreziosito da non rare vene sensibili e cantabili del titolare, del quale fuor di dubbio si condensa piuttosto netta la radicata conoscenza (e la benvenuta reminiscenza) del linguaggi e delle lunghe ombre dei grandi padri delle chitarra, ma non soltanto, del patrimonio d’insieme del classico jazz e parimenti del blues, di cui Stern continua ad operare una prosecuzione sincretica e a suo modo brillante, determinando il positivo esito del concerto cui anche i molti portatori di pruderie anti-fusion avranno dovuto riconoscere la portata spettacolare, grazie a tre maiuscoli professionisti facenti capo ad un’ispirata personalità che, se non completa, certamente ha mostrato di essere riccamente sfaccettata.
Jazz Convention: A commento di questa serata e dello stile coerentemente prescelto, risalta evidente la profonda conoscenza delle radici originarie del linguaggio sia jazz che blues. Vorremmo tracciare un parallelo tra l’evoluzione della tua musica e quello complessivo del jazz contemporaneo?
Mike Stern: Interessante, ma non opero certe distinzioni, abitualmente, e certamente non più adesso: credo di suonare ormai in sostanziale libertà. Di sicuro, comunque, sono stato e sono tuttora un appassionato ascoltatore e cultore di tutte quante le espressioni del jazz, così come del blues. Devo grande tributo ad attenzione al be-bop, alla musica di Davis, a Charlie Parker e a Wes Montgomery e così via. Raccogliamo oggi il condensarsi dell’ispirazione già di quattro complete generazioni del jazz, e tutto ciò che voglio è riportarle in una musica che innanzitutto parli al mio cuore – e altrettanto spero che sia per voi!