Slawek Dudar Quartet – Inside City

Slawek Dudar Quartet - Inside City

Luna Music – CD337 – 2013




Slawek Dudar: sax alto

Robert Jarmuzek: pianoforte

Adam Kabacinski: contrabbasso

Wojciech Bulinski: batteria



con:

Artur Lesicki: chitarra

Jacek Zemecki: voce






La curiosità spingerebbe a gettarsi sulla fine, riscontrando l’ambizioso titolo finale EST – Tribute to Esbjorn Trio ad epilogo di un album, come viene dichiarato, che è il prodotto di due anni di “ricerche su varie regioni e generi artistici”; evitando eticamente emendabili ironie sul mesto destino dei ricercatori puri, pure è legittimo chiedersi quali “innovative formule o sintesi” (date le premesse) abbiano concretizzato i “nuovi, eclettici materiali musicali” elargiti lungo le sette misure di Inside City.


Fatte le proporzioni debite in senso anche storico, il laboratorio jazz made in Polska ha lanciato modelli non privi di audacia e senso dell’azzardo, dal nuovo corso del Polish-jazz orchestrale fondato da Krzysztof Komeda a, più avanti, l’atipico lirismo di Tomasz Stanko, le innovative visuali di Marcin Wasilewski così come il contagioso colore di Leszek Mozdzer – ciò però non funge mutualmente da preconcetto credito o valore “endemico”: la macchina del quartetto allargato dell’altosassofonista da Wroclaw, gloriosa città d’arte, funzionante e oliata se se ne considera l’integrità fisiologica, fonda un qualche suo appeal sull’alternanza delle parti e sull’evidente scioltezza fraseologica di un combo evidentemente rodato e in reciproco ascolto, altro è il discorso nel ricercare una “griffe” catturante l’attenzione e persistente nella memoria.


Se in medio stat virtus, insomma, le virtù espresse dalla band sembrano risiedere nella medietà, riscontrando come insomma si opti per una via maestra poco incline a deviazioni dettate da incisivi estri e da impellenze di radicalità: la presa di rischio, sia pure strategicamente giocata, dell’innovativo e precocemente scomparso caposcuola svedese trova nei dirimpettai baltici epigoni certamente onesti, ma ardua qui sarebbe l’attribuzione di originali tratti di firma. Espliciti la regia ed il protagonismo dell’alto, sinergico alla discorsività compiuta e fluente del pianista, grintoso e pulito l’impegno dei presenti nel modellare a sostenuto passo spessori di groove, ma le macchinose invenzioni svenssoniane, pervase da altre intelligenza e visionarietà, rimangono modello pallidamente ripreso, poco riscontrando nell’incisione in oggetto fermenti che apportino reale lievitazione al panorama della creatività in jazz


Si attendono, e benvenute saranno, le future smentite…