Francesco Diodati Yellow Squeeds e Didier Levallet Quintet @ Una Striscia di Terra Feconda

Foto: da internet










Francesco Diodati Yellow Squeeds e Didier Levallet Quintet @ Una Striscia di Terra Feconda

Roma, Auditorium Parco della Musica – 7.6.2014

Francesco Diodati: chitarra elettrica, chitarra acustica

Enrico Zanisi: pianoforte

Mirco Rubegni: tromba, corno

Glauco Benedetti: bassotuba

Enrico Morelli: batteria





Céline Bonacina: sax baritono, sax alto

Airelle Besson: tromba

Sylvaine Hélary: flauto

Didier Levallet: contrabbasso

Simon Goubert: batteria




In questa edizione della rassegna Una Striscia di Terra Feconda si approfondiscono in particolar modo le evoluzioni musicali di due soli paesi: Italia e Francia. La serata propone in apertura la band del chitarrista italiano Francesco Diodati, giovane stella nascente del jazz italiano, accompagnato da altre nuove leve delle blue notes tricolori. Nel secondo set il veterano Didier Levallet, contrabbassista che ha militato con Hank Mobley, Jhonny Griffin, Archie Shepp e Chris McGregor, presenta il suo Voix Croisées, con una sezione fiati interamente al femminile.


Diodati e i suoi Yellow Squeeds iniziano con una composizione molto interessante dal titolo Believe e da questo brano capiamo tutti i complimenti che il chitarrista ha ricevuto a livello italiano e internazionale per la sua abilità di compositore raffinato e mai banale. Il corno in costante dialogo con la chitarra acustica restituisce un tono di solennità alla melodia, riempiendo e scaldando le orecchie e il cuore dell’ascoltatore. La parte restante del set si presenta leggermente improvvisata, perché, come dice lo stesso Diodati, «la scaletta è stata stravolta mezz’ora prima dell’inizio del concerto». Da sottolineare anche l’interpretazione di Played Twice di Thelonious Monk, dove emerge l’ironia e l’ambizione di rompere gli schemi rigidi della melodia e della linearità delle note, proprie dello stesso compositore. La melodia è storta, si piega in continuazione, da un lato all’altro, restituendo una leggerezza e una freschezza del tutto intatte. Basta chiudere gli occhi per ritrovarsi circondati di farfalle colorate che deviano in continuazione la propria traiettoria.


Tra un set e l’altro passa un po’ di tempo perché Simon Goubert deve montare la batteria, con i suoi piatti sistemati molto più in alto del solito. Il quintetto inizia con Antigone’s choice, dal quale si nota immediatamente il talento delle tre ragazze ai fiati. La composizione di Levallet è molto elegante, ordinata e fluida. Céline Bonacina al sax baritono alterna fraseggi lirici ad altri molto più muscolari, quasi funk in alcuni tratti, mentre la tromba della Besson è sempre composta e puntuale. In Traversée d’un temps immobile la Hélary aggiunge la testata curva al suo flauto traverso e offre un intro ipnotico e ammaliante. Sulla raffinatezza e sul gusto compositivo di Levallet non ci dilunghiamo molto, anche perché non lo scopriamo questa sera. Indimenticabile il bis che viene ispirato da una composizione del pianista sudafricano Chris McGregor, nel quale il groove della batteria fa venir voglia di alzarsi in piedi a ballare mentre i fraseggi dei fiati richiamano le sonorità da street funk band.


Due band con stili diversi, quella italiana interamente composta da giovani che hanno tutto il tempo per maturare e affinare la loro tecnica e il loro stile ma che sono già sulla buona strada; dall’altra parte delle Alpi, invece, una band con due veterani che guidano tre giovani strumentiste ricche di talento. Complimenti a Paolo Damiani, direttore artistico della rassegna e sempre abile a proporre le novità che vengono dalla Francia.