Andersen/Smith/Vinaccia @ Premio Internazionale Massimo Urbani

Foto: Fabio Ciminiera










Andersen/Smith/Vinaccia @ Premio Internazionale Massimo Urbani

Camerino, Teatro Marchetti – 7.6.2014

Arild Andersen: contrabbasso, live electronics

Tommy Smith: sax tenore, shakuchaki

Paolo Vinaccia: batteria, live electronics


Paolo Vinaccia chiude per il secondo anno consecutivo la tre giorni del Premio Internazionale Massimo Urbani e porta sul palco del Teatro Marchetti uno dei progetti più celebrati tra quelli in cui è coinvolto, vale a dire il trio formato dal contrabbassista norvegese Arild Andersen, dal sassofonista scozzese Tommy Smith e dal percussionista camerinese, trasferitosi da oltre trent’anni in Norvegia e da tempo presente da protagonista della scena musicale nordica. Come l’anno scorso nel caso dell’incontro con il bandoneon di Daniele Di Bonaventura, l’operazione condotta da Vinaccia sposa l’identità e le dinamiche del progetto con il recupero di personaggi, memorie e notizie della Camerino di alcuni anni fa: un’operazione utile per rendere omaggio a una storia quotidiana quanto significativa per la comunità, strettamente connessa con il territorio e le sue vicende, fondamentale per non perdere le tracce di avvenimenti, magari anche importanti, vissuti solo da alcuni decenni di cui si corre però il rischio di un oblio troppo veloce per la mancanza di documentazione digitale e, quindi, di compatibilità con il nostro modo di interagire odierno. Naturalmente è anche il modo per personalizzare il concerto e dare spazio anche alla festa che il “ritorno in patria” di Vinaccia provoca tra aneddoti, sapori e condivisioni di esperienze in giro per il mondo.


La traccia iniziale del concerto – in una penombra suggestiva e morbida, illuminata da luci basse e dalle diapositive proiettate alle spalle del trio – è stata infatti dedicata al maestro Mario Morosi, animatore della vita musicale di Camerino dagli anni ’30 fino a qualche giorno prima della sua scomparsa avvenuta quest’anno: la prima improvvisazione di Andersen, Smith e Vinaccia si è costruita intorno a una melodia composta da Morosi e si è conclusa sulla registrazione originale della canzone a disegnare un flebile filo sonoro, ricco di tutti i segni del tempo e capace di evocare il ricordo nelle persone che hanno conosciuto i protagonisti, quanto di intercettare un insieme di scene, immagini e suoni vissuti e innescare memorie e rimandi al proprio passato anche in chi non ha vissuto a Camerino.


Dopo l’apertura, il trio riprende il filo del materiale portato sui suoi due dischi, vale a dire Live at Belleville e Mira entrambi usciti per ECM. E nel concerto si riuniscono con fluida ed estrema coerenza crescendo dinamici, suadenti introspezioni, strappi rabbiosi, libertà espressiva: il tutto gestito con un controllo sempre vigile, una attitudine presente e sempre centrale sulla melodia e sulle sue implicazioni, una ricerca accurata, sistematica e profonda sul suono. Ed è proprio l’aspetto sonoro a fungere da baricentro per il trio. Le voci di contrabbasso, sassofono e percussioni offrono radici solide alle aperture innescate dai tre musicisti: ascolto reciproco e libertà trovano sempre uno sviluppo intrigante e la gamma di possibilità scaturite dalle intenzioni non resta mai inutilizzata.


Andersen, Smith e Vinaccia realizzano una sorta di suite dove si susseguono momenti “caratterizzanti”, in una rete fitta utile a tenere insieme l’andamento complessivo e l’attenzione puntuale al momento: dalle introduzioni dei brani, affidate spesso alle improvvisazioni in solo dei musicisti e tra le quali spicca quella affidata al contrabbassista e generata dalle stratificazioni di linee di basso, alla delicata quanto penetrante versione di Alfie, il primo dei due brani con cui il trio torna sul palco per il bis; dagli assolo capaci di spingere oltre e con intensità le implicazioni dei temi e delle atmosfere presenti nelle composizioni alla scena – quasi surreale, imprevedibile, ma altrettanto perfettamente collocata nel discorso generale del concerto e del particolare momento – in cui Andersen al termine di una cavalcata compatta del trio, si è voltato con il contrabbasso verso l’amplificatore per cercare il feedback.


Una prova collettiva di grande apertura, una macchina sonora capace di spingersi in ogni direzione e di riuscire ad estrarre ogni volta il miglior risultato. Un trio formato da tre solisti, come dice Arild Andersen nell’intervista registrata la mattina precedente il concerto, e per questo in grado di sganciarsi dal cliché del trio sassofonista con ritmica. Un trio formato da tre compositori per dare vita a una musica ricca, tesa a sfruttare ogni possibilità del proprio materiale, sia quello preparato dal trio – composto a tavolino, se si vuole – che le linee che si sono via via concretizzate sul palco.