Magnetismi on stage – Gianni Gebbia Magnetic Trio live

Foto: Aldo Del Noce










Magnetismi on stage – Gianni Gebbia Magnetic Trio live

Palermo, Teatro alla Guilla – 3, 4 e 23 maggio 2014



Gianni Gebbia: sax alto, sax soprano

Gabrio Bevilacqua: contrabbasso

Carmelo Graceffa: batteria


Nel vissuto cuore del centro arabo-normanno di Palermo prosegue una volenterosa realtà spettacolare ospitata entro le secolari mura del Teatro alla Guilla, che mantiene quasi intatte alcune componenti strutturali di un già remoto passato, offrendo ospitalità ad un alterno e vivace programma di palcoscenico, che oltre al teatro va maggiormente aprendosi a selezionate e per molti versi preziose, amatoriali realtà concertistiche.


Un pubblico quanto meno “calibrato”, non fosse per le assai contenute dimensioni di sala, non sembra essere ostativo ad una positiva ricettività e ai regolari consensi verso questa realtà scenica, che introduciamo offrendo la parola all’iperattivo Direttore artistico.



Jazz Convention: Delle vostre attività di cartellone colpiscono le peculiari e coraggiose scelte, di concerto con i vostri investimenti nel sociale.


Valerio Strati: Per quanto riguarda le scelte musicali nella nostra programmazione possiamo tranquillamente dire che abbiamo voluto dare forza al Sud, a Palermo e alle sue forti eccellenze, incluse quelle emigrate a Parigi, come parte dei musicisti del gruppo con cui Gianni Gebbia ha recentemente eseguito il progetto “Le Zouave Jacob”. Nelle stagioni passate avevamo creato una programmazione teatrale con piccole incursioni musicali ma in questa seconda parte di stagione abbiamo proposto al pubblico ben nove serate musicali in forma di concerti completamente diversi: dal rock giocato e ri-arrangiato al blues, passando dall’elettronica e finendo con il jazz, nostra vera passione. Una delle caratteristiche principali che hanno indotto e inducono le nostre scelte sono quelle dell’originalità e dell’autorialità dei progetti: preferiamo composizioni originali alle cover, idee nuove agli standard jazz. Strumenti insoliti o sperimentazioni sonore, quartetti d’archi che non suonano la classica ma riscrivono i Massive Attack o Radiohead non disdegnando composizioni originali. La rassegna di quest’anno è denominata “Pane e Teatro”, perché una volta al mese proponiamo una serata solidale nella quale il pubblico, invece del contributo economico, partecipa portando beni alimentari a lunga conservazione, che poi ridistribuiamo ai più bisognosi attraverso le comunità sparse nel territorio.







In particolare torniamo a seguirvi l’affermato sassofonista-improvvisatore-produttore (e quant’altro) Gianni Gebbia, del quale si era già espresso poche settimane prima un programma in due serate del suo trio con Mauro Gargano e Dario De Filippo (in questo momento impegnato in tour nella “seconda patria” parigina), e che adesso si ripropone con una nuova formazione, il Magnetic Trio.


Costituito insieme al contrabbassista Gabrio Bevilacqua e al batterista Carmelo Graceffa, la formazione palesa caratteri di relativa novità nell’opus di Gebbia, conferendo compattezza ad un repertorio sedimentato nel tempo, regolarmente aggiornato e rivisitato, in ciò captando gli influssi delle sue frequenti escursioni e frequentazioni internazionali, che lo tiene in contatto con scene molto sensibili della musica d’azione.


Programma simultaneamente informale e rigoroso, in cui il sassofonista tradizionalmente assai sensibile all’avant-jazz e al free, se non ha inteso “disciplinare” il suo operato, sembra quanto meno conferirgli un ulteriore canone identitario, in ciò agevolato dal supporto assai presente e non soltanto ritmico del contrabbassista Gabrio Bevilacqua, provvisto di appeal naturale, corposa giustezza ritmica e spirito interventistico, per non dirsi del consistente batterista Carmelo Graceffa, sulle prime forse più defilato rispetto ai sodali, abile però a svelare rapidamente notevole inventiva in un drumming multilingue e pressoché inesauribile, che segna i passaggi della sua formazione nordica, partecipando con sostanza ad una macchina spettacolare, animata dagli estri e dalla sedimentate idee del leader. Di questo, giunge all’attenzione l’ulteriore conformazione del proprio linguaggio sassofonistico, spesso caustico e veemente, energeticamente graziato dal tecnico valore aggiunto della respirazione circolare, e sempre testimone attivo della sequenza delle personalità impregnanti nel tempo i flussi della propria musicalità.


Non rinunciando al ripescaggio di raro materiale dell’antichità, in questo caso una libera trascrizione in solo dal violista seicentesco Sieur de Sainte Colombe, che arricchisce la lista dei preziosi Autori della musica antica già elaborati da Gebbia nel corso del tempo, le fitte sequenze delle serate, lasciando apprezzare il valore della scrittura, hanno anche palesato l’efficacia delle sinergie, spesso di sarebbe detto dei “magnetismi” evidentemente non soltanto nominali della formazione, mai avara di inventiva, e molto vicina non soltanto fisicamente ad un’audience molto sintonizzata: apparso ulteriormente rodato al termine dell’ultima esibizione, riproponendosi con un programma ancora variato ed egualmente suggestivo, includendo la partecipazione di ospiti di eterogenea caratura, il trio salutava il raccolto ma entusiasta uditorio con brillanti e coinvolgenti (quanto originali) cover di chiusura ( e dando il via ad un’insolita, ulteriore fitta sequenza di repliche tuttora in corso) – pur non minimizzando l’opportunità di dedicare adeguato spazio anche agli altri componenti, approfondiamo il carattere delle serate con il titolare.



Jazz Convention: La band esordiente e appena ascoltata, alla fine di tre serate mostra già un suo definito carattere: vorresti presentarcela?


Gianni Gebbia: Considero il Magnetic Trio una band “d’assalto” che rappresenta in un certo senso il condensato della maggior parte delle mie esperienze, ma in realtà non si può parlare di esordio, poiché la nostra frequentazione e il sodalizio artistico risalgono già al 2013. Si tratta di una “band in progress” creata assieme a due giovani e bravissimi musicisti: il palermitano Gabrio Bevilacqua, contrabbassista dallo stile limpido, dinamico ed essenziale, ed il batterista e percussionista Carmelo Graceffa formatosi in Olanda, batterista moderno, colto e versatile. Per questo motivo il trio si intitola Magnetic, sia per la relazione magnetica di interplay tra noi sia per il materiale musicale che tende a creare un vero e proprio magnetismo quasi ipnotico. L’orientamento del trio è infatti quello di evolvere sempre di più dei riadattamenti di alcuni dei miei storici canovacci che utilizzo da anni per i miei soli di sax, caratterizzati da queste illusioni polifoniche e da sfalsamenti ritmici accanto alla rielaborazione di composizioni che suonavo agli esordi della mia carriera come: Zero in Geometria, La caduta di Joseph Pless ed altri che avevo inciso nei primi long-playing realizzati per la Splasc(h) con il Gianni Gebbia Trio e Quartet negli anni ’80 e primi ’90. Con il Magnetic Trio realizzeremo, oltre ad un tour che ci porterà in Polonia ed altri paesi da definire ancora, entro due mesi un CD, che sarà per l’appunto basato principalmente su questi materiali iterativi, alcuni di nuova creazione ed altri preesistenti, oppure provenienti dal mio ultimo solo, Panopticon, per l’etichetta Objet-a.



JC: Concentrandoci sulle tue espressività, si apprezza un’ulteriormente rinnovata sintesi del panorama dei maestri storici del tuo strumento: Coleman, Hemphill, quindi Surman, etc. – tralasciando la lunga e sempre pervasiva ombra dei Coltrane o Lacy.


GG: Si, indubbiamente al momento attuale riemergono, come in uno stream of consciousness, alcuni dei nomi che hai detto e che hanno permeato il mio ascolto, soprattutto ai tempi della creazione di alcuni di quei materiali musicali. Ma questa è solo una fase di passaggio poiché il trio che è nato da poco, sta già bypassando anche queste sonorità in funzione del progetto di concentrarci quasi esclusivamente su quelle “lines” melodico-iterative dei miei soli piuttosto che sul “free flowing” jazzistico da cui emergono quei nomi. E comunque vero, come hai giustamente notato, che si continua a risentire anche degli ascolti che mi hanno formato fin da ragazzo, concentrato principalmente sull’ascolto di Ornette Coleman, Jackie Mc Lean, Arthur Blythe e Julius Hemphill, che tra l’altro ho avuto modo di ascoltare dal vivo regolarmente quando vivevo a New York, ma contemporaneamente su un piano europeo Jan Garbarek, John Surman, Evan Parker e tanti altri anche se la mia fondamentale influenza è stata quella di suonare per anni in svariate formazioni di neo-folk (ancora non la si chiamava world music) musica etnica etc ed il contatto con i grandi maestri delle launeddas ed i maestri anonimi del ney arabo e la respirazione circolare – come del resto si sarà apprezzato nel corso del programma.