Fabio Giachino Trio – Jumble up

Fabio Giachino Trio - Jumble up

Abeat Records Fastline – Abjz 527 – 2014




Fabio Giachino: pianoforte

Davide Liberti: contrabbasso

Ruben Bellavia: batteria







La “messa a soqquadro” (tale il titolo) – evidentemente degli schemi vigenti – oltre che inquieto manifesto programmatico è somma ambizione dei creativi, poco ne importa la caratura artistica o il senso di realtà.


Ma tanto sembra rilevarsi dalle intenzioni del cuneense pianista, piuttosto in corsa e di concreta carriera, che poco lésina, nell’imbastitura del vivace album in oggetto, quanto a dispiegamento d’idee nella varietà degli arrangiamenti, in primis considerando le formule ritmiche.


Il drumming di tessitura alta ed elastica intesa di Ruben Bellavia, la voce “elettrizzata” ed eloquente del contrabbasso fusionista di Davide Liberti convergono nella costruzione dinamica di un plateau mobile per il pianoforte, provvisto di gusto per il dettaglio e di tenuta strategica della concertazione d’insieme, e lo stesso Fabio Giachino contribuisce di propria firma alla quasi totalità del programma, rivedendo e rivivendo sulle note grosse correnti del mainstream, con un orecchio rivolto alle logiche funzionali del Cool e del post-Bop, imbevendosi degli apporti atmosferici e di carattere di Soul e R&B, e segnando con vivide fibrillazioni d’apertura (l’eponima Jumble Up), concitazioni sghembe (le collettive Everybody Outside e Hodgepodge), malizie levantine (Habmur), preziosismi rétro (Stompin’ the Groove) le proprie personali visioni ed intendimenti stilistici, ponendo mano alla mingusiana Goodbye Pork Pie Hat distillandone in accelerando l’essenza melodica, e rievocando in austerità il lirismo della tyneriana You taught my Heart to sing.


Al di là dell’ariosa ventata di dinamismo con cui s’infonde vita alla performance, poco vi si riscontra delle minacciose, revisioniste premesse, palesando il tutto (tale la resa di fatto) entro una visione di scuola classica, non scossa nei fondamentali, ma aggiornata con onestà e calibratura di mezzi da un non dormiente trio che lavora con adeguata operosità in una mediazione tra i grandi flussi della tradizioni con le logiche del più parcellare e di più breve periodo consumo d’arte contemporaneo.