Human Being, il nuovo disco di Filippo Cosentino

Foto: la copertina del disco










Human Being, il nuovo disco di Filippo Cosentino.


Filippo Cosentino è un chitarrista colto e versatile, dalla notevole preparazione tecnica e musicale, con interessi variegati in diversi ambiti musicali tra cui, in particolare, quello del jazz. Forte di questa solida esperienza ha dato alle stampa il suo nuovo lavoro dal titolo Human Being, un disco che riflette a pieno la personalità di un chitarrista dall’animo “sensibile”, che medita sull’essere umano e trasforma in musica le sue esperienze intime e, per molti versi, spirituali – in questo è presente, con forza, la sua natura blues ed emozionale. Human Being è realizzato in trio, Davide Beatino al basso e Carlo Gaia alla batteria, con l’aggiunta di un ospite di rilievo come Michael Rosen al sax. Cosentino è l’autore degli otto brani che compongono il disco. Sono la prova che siamo di fronte ad un’artista dalla personalità definita e dalle idee molto chiare.



Jazz Convention: Filippo Cosentino, come nasce la tua passione per la musica e il jazz in particolare?


Filippo Cosentino: Da piccolo, all’età di 7 anni, ricevetti in regalo da parte dei miei genitori una chitarra classica. Subito dopo iniziai a prendere lezioni in una scuola privata e con vari percorsi ho studiato chitarra classica fino ai 14 anni. Già allora capii immediatamente che il mio interesse verso le musiche provenienti da sud America e Spagna era di gran lunga superiore a quello che avevo per altri tipi di studi e percorsi. Così, grazie a due miei insegnanti di chitarra classica, ho scoperto Paco de Lucia e poi John Mclaughlin e Al Di Meola. Il passo successivo fu farmi accompagnare da mio padre in un negozio per acquistare due musicassette (eh sì, era più o meno il 1997) di Louis Armstrong e di Charlie Parker. Fui letteralmente impressionato dalla capacità melodica e ritmica di questa nuova musica che stavo ascoltando. Questo è stato l’inizio del percorso, faticoso perché all’epoca nella mia città natale non c’era la possibilità di frequentare corsi di chitarra jazz e così mi sono dovuto un po’ arrangiare come potevo, ma tutti gli insegnamenti ricevuti e le esperienze fatte mi consentono di scrivere e suonare la mia musica e ne sono felice: grazie al jazz si può esprimere qualcosa che appartiene alla tua personale esperienza



JC: Tu sei un chitarrista virtuoso, quali sono stati i tuoi maestri? Quelli che ti hanno segnato in maniera indelebile?


FC: Prediligo i musicisti che al virtuosismo affiancano anche spiccate doti melodiche e non mi pongo limiti di genere nelle preferenze. Oltre ai grandissimi artisti che ho citato nella risposta precedente, ho passato e passo molto tempo ad ascoltare Montgomery, Pass, Metheny, Scofield, Emmanuel, Corea, Bill Evans, Piazzolla e Sting. Tra i contemporanei seguo con particolare interesse Ulf Wakenius, Youn Sun Nah, Vijay Iyer. Altri ascolti sono quelli dedicati alla musica tradizionale dei popoli del Medio-Oriente. Un capitolo a parte sarebbe da dedicare alla musica che amiamo chiamare “classica”: Bach, Chopin, Debussy tra i miei preferiti



JC: Sei un musicista versatile, oltre al jazz hai suonato e suoni in altri contesti musicali. Ce ne vuoi parlare?


FC: Mi piace la musica e tutto ciò che può contenere. Nascono così i miei interessi già coltivati nell’adolescenza per altri generi musicali. Non ho avuto subito la possibilità di affacciarmi al mondo della musica come professionista suonando esclusivamente jazz, e altrettanto ricche sono state le esperienze che ho fatto con grandi della musica blues e pop (Paola Turci, Francesco Tricarico, Mauro Ermanno Giovanardi). Se ci riflettiamo un attimo la musica è il primo evento globale che l’uomo ha creato, più di ogni altra arte perché anche se vive di regole proprie queste sono condivise contemporaneamente da più persone anche di estrazione linguistica e culturale diversa. Così nel corso della storia i compositori hanno sempre attinto a quei colori di un’altra tipologia di musica che avrebbero connotato la propria come unica e riconoscibile. Penso sia ai grandissimi compositori di fine ‘800 e ‘900 della musica “classica” sia agli insegnamenti dei maestri del jazz. D’altra parte lo stesso Jelly Roll Morton sosteneva che l’elemento “sorpresa” era determinante in una composizione. La musica per me è come una biblioteca dalla quale posso attingere e anche se magari non mi piacciono i “gialli” o i libri di “fantascienza” cerco di capire quali sono le loro caratteristiche, di farle mie e poi di reinterpretarle.



JC: Prima d’introdurre il tuo nuovo disco, potresti farci un breve resoconto dei tuoi lavori precedenti?


FC: Il primo disco solista è stato Lanes, un lavoro nel quale ho iniziato a tracciare le linee guida del mio percorso. Prima di esordire nel mondo della musica jazz da solista ho inciso più di 17 album di musica blues, pop, hip-hop; arrangiato dischi per cantautori; pubblicato un metodo di chitarra blues (Blues: scale e improvvisazione) e composto colonne sonore per film e documentari



JC: Human Being è il titolo del tuo nuovo cd realizzato in trio, al basso Davide Beatino e alla batteria Carlo Gaia, con ospite Michael Rosen. Come nasce questo lavoro? E il trio?


FC: L’anno successivo alla pubblicazione di Lanes l’ho dedicato a cercare qualcosa in più nel suono acustico, iniziando così un percorso che non definirei nuovo per la mia storia musicale personale ma che ha segnato certamente un’evoluzione rispetto al linguaggio precedente: ho usato sempre accordature aperte e con un sound decisamente acustico, lavorando ancora di più per sottrazione e uso degli spazi musicali. Molti brani li ho scritti al pianoforte, individuando nella chitarra acustica baritona la trasposizione ideale di quel particolare suono: così sono nati brani come Serendipity, 392 e Mantra che dal vivo mi danno moltissime soddisfazioni! Human Being – se lo si ascolta in successione con Lanes, dal primo album -, è un evidente sviluppo musicale, fraseologico e di linguaggio che voglio portare avanti: Lanes era un brano decisamente complesso a livello armonico mentre Human Being lo è di più come struttura/scrittura/arrangiamento. Sono tutti livelli compositivi che mi affascinano e mi intrigano. Penso con Human Being di aver fatto un passo in avanti nel trasporre la mia esperienza personale in musica: il brano che per me è una sintesi di questi concetti è Serendipity, se vogliamo è una preghiera, un augurio che rivolgo a me stesso e alle persone a me care di scoprire qualcosa per caso, di gioire delle “coincidenze”. Dopo la fase di scrittura, nella quale avevo già deciso che avrei voluto dialogare con il sassofono, ho avuto modo di conoscere Michael Rosen: mi ha colpito il suo fraseggio che si sarebbe adattato bene a brani come Message in a Bible, Serendipity, Dance of the moon in love e ovviamente Human Being. Davide Beatino e Carlo Gaia invece facevano già parte del trio con il quale ho lavorato per Lanes: bravi musicisti con i quali ho avuto il piacere di condividere la strada che ha portato a pubblicare questo lavoro



JC: I brani sono scritti di tuo pugno. Ce li racconti in breve?


FC: È un disco con atmosfere differenti: Message in a Bible è il brano che apre la tracklist; melodia ispirata al mondo musicale medio-orientale, è una composizione nella quale chitarra acustica e sassofono dialogano a volte ritmicamente a volte melodicamente. Dal vivo è un brano che mi sta dando parecchie soddisfazioni ed è uno dei più apprezzati. Di Serendipity ho già detto qualcosa poco sopra; in più posso dire che è un brano che ho scritto per trio di chitarra acustica baritona, sassofono e batteria e nel quale il mio percorso di studi classici è evidente in alcuni punti, in particolare in chiusura del brano. Human being è quindi la title track: cerco sempre di mettere la melodia sopra ogni altra cosa e questo brano mi piace per come mi pare di essere riuscito a far convivere una struttura non semplice con una melodia ricca di spazi. Anche qui la componente musicale proveniente dai miei interessi culturali verso le musiche del Mediterraneo è elevata. Ci sono poi i brani in chitarra acustica baritona sola (392, Mantra) e Luz in chitarra acustica sola: sono tutti brani scritti al pianoforte e poi trasposti per il mio strumento a volte utilizzando accordature aperte. Mi sono ispirato ad avvenimenti che in questi anni mi hanno colpito e cercando di domandarmi come avrei potuto raccontarli in musica. Così 392 è dedicato alla vicenda della Birmania che tanto mi ha affascinato in diverse letture e documentari. Luz e Mantra, se idealmente sono simili in quanto per me sono due preghiere, a livello compositivo sono radicalmente diverse. Luz è suonata con accordature aperte e con la chitarra acustica tradizionale; per Mantra ho usato la baritona e la melodia è quasi tutta giocata su un pedale di Si. Dance of the moon in love è l’eccezione del disco in quanto suono la chitarra elettrica: suonata in 4etto, è una ballad romantica con un tema ispirato al linguaggio tipico della chitarra elettrica hendrixiana. Chiude il disco Letters from home nel quale la tradizione chitarristica americana è stata un’influenza assai forte, ma contemporaneamente ho cercato di far coesistere le linee compositive tipiche della chitarra classica con più linee melodiche che si muovono diversamente e contemporaneamente. Il risultato è un ballad in Ÿ nella quale la tradizione classica è evidente e la melodia ha un ruolo fondamentale



JC: E la casa discografica….


FC: Human being è stato pubblicato per le Emme Record Label. Il disco è stato quindi registrato nel bellissimo Tube Recording Studio nel quale abbiamo potuto lavorare con calma e con attenzione ai dettagli e il suono generale del disco mi soddisfa molto; specialmente quello delle chitarre acustiche mai facile da trattare.



JC: Hai già in cantiere un tuo prossimo disco? Sarà di inediti?


FC: Diciamo che è un periodo molto “caldo” su questo fronte! Ci sono alcune idee in cantiere e piano piano stiamo facendo coincidere tutti i pezzi del puzzle. Sicuramente sarà un disco di inediti. Contemporaneamente c’è sempre il tour di promozione di Human Being che a partire da settembre mi porterà a Berlino a fine settembre e poi nuovamente in giro per Italia in autunno. Tour che è già stato molto intenso sin dal novembre dello scorso anno per poi culminare quest’anno con date in club prestigiosi e in festival di primo piano, come si può vedere nella pagina dedicata del mio sito.