Vijay Iyer – Mutations

Vijay Iyer - Mutations

ECM Records – ECM 2372 – 2014




Vijay Iyer: pianoforte, electronics

Miranda Cuckson: violino

Michi Wiancko: violino

Kyle Armbrust: viola

Kivie Cahn-Lipman: violoncello





Vijay Iyer sceglie, per il suo esordio in casa ECM, di puntare decisamente verso la musica contemporanea. Con Mutations, il pianista si sgancia dalla grammatica del jazz per affrontare un mondo espressivo molto particolare: atmosfere cupe, ma affascinanti e attrattive; un andamento circolare, ipnotico; un approccio elusivo, anche criptico se si vuole al primo ascolto; uno sviluppo sempre controllato dal compositore, attento a stabilire il filo narrativo ed emozionale dei diversi momenti.


Le tredici tracce presenti sul disco riportano quattro composizioni. L’apertura è una sonata per pianoforte, Spellbound and Sacrosanct, Cowrie Shells and the Shimmering Sea. Si prosegue con Vuln, Part 2 dove al pianioforte si aggiunge l’utilizzo dell’elettronica. Mutations, un vero e proprio concerto per pianoforte, quartetto d’arche e inserti elettronici, si distende nelle dieci tracce centrali del disco. Pianoforte ed elettronica tornano protagonisti solitari nella conclusiva When We’re Gone.


Se è del tutto tautologico dire che Mutations sia differente da molte delle registrazioni già proposte dal pianista, in realtà è più interessante cercare le chiavi per entrare nelle pieghe del lavoro. Iyer non punta a una sintesi tra generi: supera con slancio i canoni e le eventuali necessità espressive dei vari linguaggi per arrivare ad una estetica quanto più possibile aperta e spirituale. Un percorso ascetico, in certi passaggi, non necessariamente minimale o applicato a un ragionamento sottrattivo. Un percorso rigoroso, punteggiato da attese, pause e aperture. Passaggi più spigolosi, dal volume e dall’intensità più corposa. In ogni direzione, l’impiego di incroci dissonanti e frastagliati per disegnare le atmosfere delle composizioni.


Una musica concepita libera dalle appartenenze più stringenti, dove se pure è possibile trovare riferimenti, questi sono utilizzati in maniera sghemba e “ingannevole”, con l’intento di suscitare cioè connessioni tra rimandi differenti o inattesi. Lo sguardo di Iyer si rivolge in questo senso a tutto il novecento, dal mondo euro-colto, al jazz e al rock più sperimentale. Mutations coglie nei modi e nell’attitudine, più che nel risultato, il senso delle varie esperienze di ricerca e si rivela nel suo complesso un’opera unitaria e concreta nel dare riscontro dell'”animus” sempre in movimento del suo autore.


Operazione senz’altro coerente alle sue premesse e alle intenzioni di un musicista positivamente irrequieto come Iyer, in grado di muoversi dal proprio punto di partenza non per stupire o rivoluzionare, ma per esprimersi attraverso la musica, per dare spazio alla curiosità intellettuale, per esplorare altri mondi sonori, come testimonia anche la prova apparsa in questi stessi giorni e diretta totalmente verso altri contesti di Wiring, registrato con il celeberrimo Trio 3, vale a dire Oliver Lake, Reggie Workman e Andrew Cyrille.