Dodicilune Dischi – ED311 – 2013
Fabrizio Bai: chitarra
Massimo Guerri: sassofoni, clarinetto
Andrea Beninati: violoncello, percussioni
Maurizio Costantini: contrabbasso
Nelle note di copertina del lavoro – reperibili peraltro sul sito della Dodicilune – Fabrizio Bai riporta i suoi passi nella ricerca e nello studio degli aspetti musicali della civiltà etrusca. Analisi di reperti di strumenti, deduzioni relative a scale e melodie praticate dagli antichi abitanti della Toscana. Lo “scavo” nelle radici effettuato dal chitarrista è il punto di partenza per Etruscology: suscitare una possibile combinazione tra le pratiche e il linguaggio del jazz e il materiale proveniente da questo percorso. Il materiale desunto, dedicato, ispirato o reinterpretato viene messo in pratica da una formazione acustica e agile, predisposta all’interplay dalla sua stessa composizione, dalla necessità dell’aiuto reciproco e dallo spirito melodico dei musicisti. Il reticolo delle possibili combinazioni mette naturalmente al suo centro il Mediterraneo, i secoli di storia e di reciproche influenze: le scale provenienti dalla Grecia antica e riprese a metà novecento dai jazzisti un utilissimo utensile per avvicinare mondi diversi; la vena della musica popolare, con le sue pratiche e i suoi retaggi, con le sue evoluzioni e i suoi ritorni, una presenza forte e costante di un sentire comune a tantissime tradizioni e maniere espressive.
Etruscology riecheggia e rimanda perciò accenti diversi e completa così un disco piacevole dove l’elemento filologico e di ricerca può passare anche in secondo piano all’ascoltatore distratto senza perdere per questo il gusto di composizioni suonate con onestà e proprietà di linguaggio. Bai individua spunti e intenzioni utili a costruire il mondo sonoro del quartetto: la cornice attraverso cui mostrarne le potenzialità e farne risaltare la voce. E quindi la possibilità di giocare con una formazione che ingloba una sorta di “string trio” e il dialogo ritmico tra contrabbasso e percussioni, scelte timbriche quasi sempre ben equilibrate negli accostamenti di fiati e corde. Ma anche la possibilità di inserire brani che meno hanno a che fare con le matrici etrusche o mediterranee ma che ampliano il discorso intrapreso con lo studio e la ricerca di partenza. Se un atteggiamento più conciso avrebbe reso meno dispersivi alcuni passaggi, nel complesso il disco mantiene una compattezza di fondo e lo sviluppo dei suoi episodi viene incanalato secondo una regia tutto sommato misurata.