Unit Records – UTR 4 52 9 – 2014
Tamara Obrovac: voce
Matija Dedic: pianoforte
Ziga Golob: contrabbasso
Krunoslav Levacic: batteria
Dovere di cronaca nonché curiosità legittima suggerirebbero di riesaminare i materiali del pre-Revival, ossia quell’album Ulika (CBS, 1998) di cui il presente è evidentemente maturata revisione alla luce dell’accresciuta arte della performer istriana.
Materiali d’ariosa fruibilità ed affettuosa memoria del territorio sono dinamicamente incarnati nel performing personale e sufficientemente conformato della vocalist, austero e con frizzanti tocchi d’estro, sobriamente sofisticato senza perdere la dimensione immediata e intima dell’originaria materia sonora, integrandosi con la giustezza del tocco sensibile e scarnamente scenografico della tastiera di Matija Dedic, dall’incalzare di calda intimità del contrabbasso di Ziga Golob, dal drumming argenteo e agile di Krunoslav Levacic.
«La coalescenza delle polifonie istriane con lo spirito di libertà ed improvvisazione così caratteristiche del jazz tocca la sua forma finale nell’ispirata performance dei miei brillanti musicisti» secondo le brevi note di Obrovac – le radici latine del testo in musica pervengono ad espandersi in più universale e pan-mediterraneo respiro (Cansoneita, Joh, Zakantaj), ordendo costruzioni non prive di aplomb seduttivi e tattico senso della progressione thrilling (Crno zlo) o di distillazione accorta degli umori (Divojka): dispensando una vocalità abile a toccare quote recitative d’ipnotica statuarietà, nella musicalità di Ulika Revival confluisce un identitario senso della danza e del ritmo imbevuto degli stratificati flussi dal vicino Oriente e le alonature degli atavici misteri slavi lungo le coste e le dorsali balcaniche, e nella cui misurata spettacolarità s’incorporano anche drammaticità grottesca e figurazioni a tratto spesso, mutuate dalle sapide tradizioni del Kabarett e del piccolo teatro mitteleuropeo, mai latitando un curato e spendibile spirito da jazz club.
Supportata dall’attiva e poliedrica label elvetica Unit, col concorso tecnico della equilibrata ripresa made in ArteSuono, questa proposta ed esperienza per vari versi inusuale non sarà da riservarsi a cultori del levantino e dell’insolito, e alla maturanda performer, per la quale auspichiamo ulteriore affinamento della perizia interpretativa e dilatazione del senso spettacolare, riconosciamo almeno d’incarnare, più che un sentire in jazz, un articolato senso della comunicazione scenica, riuscendo al sincero mestiere d’artista di coagulare un contributo etno-jazz, colto e accessibile, che scansa rischi di acquiescenza alle correnti dell’omologazione frettolosa e della dis-identità.
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