Polar Bear – In each and every One

Polar Bear - In each and every One

The Leaf Label ltd – SR 1409 – 2014




Sebastian Rochford: batteria

Leafcutter John: chitarre, elettroniche

Mark Lockheart: sassofono

Pete Wareham: sassofono

Tom Herbert: basso






Indipendenti strategie creative e correnti energetiche, fresche e insieme di consolidamento, fungono da corrente dinamica, macchinosa e composita, delle ispirazioni cangianti di una band tesa a segnare un ulteriore punto successivamente al quarto album Peepers, che ha contribuito a delinearne le mitologia pur fissandola come “anomali nell’ambito del british jazz” – etichetta, quest’ultima, certamente costrittiva e non del tutto centrata per pertinenza.


Il fondante rumorismo e le ispirative correnti nordiche, un dinamismo trasversale e un apolide spirito di progressione sono tra i più salienti assi creativi del macchina da visioni ritmiche e spin-doctor del sovversivo melting musicale, quel Seb Rochford da Aberdeen che trova ampia correità nel mago di elettroniche e mixing dal pittoresco nickname di Leafcutter John, e oltre al dinamico legante basso di Tom Herbert si mantiene viva l’eccentricità della pariglia di voci d’ottone di Mark Lockheart e Pete Wareham, stilisticamente eterogenee pur nell’agitato mare sonoro siglato Polar Bear.


Il passo marcato ma irregolare e il groove deviante tratteggiato dal batterista-leader non è tra le linee costrittive della concettualità sonora del quintetto: gioco febbrile e ispirazione ipnotica delle cellule melodiche, acri languori e stentoree veemenze dei due sassofoni, sagome spettrali e inquiete, che non orientano moduli e segni unicamente nei sensi dell’avant-jazz, ma anche in quelle non certo nuove del più crudo neo-pop, presenza atmosferica ma anche assai interventista delle elettroniche e del mixing, vulcaniana fucina che impronta il soundscape di ansiogene correnti.


Innesti Hip-Hop, ipnotico, magmatico Techno-free (Life and Life), tratteggi folkeggianti spezzati dalle fustigazioni ritmiche (Lost in Death II), tribalità elettrificata e pulsante (They’re all KS and QS Lucien), una frizzante allure Dance (Be Free), di apparente (ri)composizione entro cornici electro-jazzy, scagliano sul tavolo da gioco le visioni electro-ambient-world degli Eno e i Byrne con cui Rochford ha condiviso percorsi, e da cui si mutuano desertica metafisica ed effervescenze cibernetiche, speziate da futuribile jazz e furiose impennate free che pongono a nudo la fisicità degli impatti espressivi e il differente grado di calore nell’interfaccia performance-postproduzione.


Incendiari per temperamento, pur modulato da strategica visione evolutiva, Polar Bear s’installano quale band programmaticamente border-line, non soltanto per pertinenze di genere, e l’auto-definizione post-jazz, è palesemente limitativa nell’inquadramento, comunque arduo, dell’inquieta band, probabilmente non la punta di diamante della scena del pop avanzato, ma che di questo può fungere da attendibile termometro – ci si poteva attendere anche maggior audacia nell’adire a visionarietà di formule, tenuta in conto la grande alacrità con cui i liberi componenti intessono e installano collaborazioni e performance in interscambio.


Il “delirio collaborativo e incestuoso”, praticato dagli spiritati players, non è qui forse al suo massimale di resa, ma rimane comunque forte delle sue intuizioni nei segni della trance collettiva e nello spirito di una progettuale insania.



Link di riferimento: http://polarbearmusic.bandcamp.com/album/in-each-and-every-one