David Pastor: Nu-Roots è l’esplosione di tutta la musica che ci ha influenzato

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David Pastor: Nu-Roots è l’esplosione di tutta la musica che ci ha influenzato


È il trombettista più ricercato della scena jazz spagnola: David Pastor, dopo oltre venti anni di carriera professionale, si è affermato come uno dei più importanti nomi in Spagna. Con il suo suono brillante e potente, raggiunto grazie un lavoro lungo e mirato, e con il suo linguaggio versatile e ricco, Pastor è diventato il sideman ideale per i più importanti jazzisti nazionali e internazionali. Negli ultimi mesi, ad esempio, ha condiviso il palco con Paquito D’Rivera e Dick Oatts quando sono passati a Barcellona, dove si è stabilito e dove insegna presso il Taller de Músics, scuola rinomata della metropoli catalana. A poche settimane dall’uscita di Nu Tunes & Old Tunes, il trombettista spagnolo parla con Jazz Convention del nuovo lavoro e di Nu-Roots, il brillante trio con cui lo ha registrato.


David Pastor naturalmente continua a suonare con numerose formazioni, ma, nel corso degli ultimi anni, ha trovato il tempo di mettere a fuoco nel progetto personale più vicino alle sue corde, vale a dire Nu-Roots. La formazione ha appena pubblicato per la Omix Records il suo terzo album Nu Tunes & Old Tunes. Nel trio, completato dal pregevole pianista e tastierista José Luis Guart e da Toni Pagès, batterista capace di accompagnare con un drumming sempre preciso la musica, Pastor ha trovato lo spazio ideale e la libertà per emergere come leader, anche se, a sentire lui, si tratta di un progetto collettivo a tre voci. «Al principio, è stato un trio voluto da me. Ma, nel tempo, Toni e José Luis si sono sentiti sempre più coinvolti e ora è a tutti gli effetti il “nostro” progetto, siamo il Nu-Roots Trio.»


Pochi anni fa il trombettista ha sentito l’esigenza di dar vita a un progetto personale, in modo da diversificare il suo modo di suonare jazz da quanto aveva realizzato fino a quel momento. «All’inizio abbiamo suonato standard e alcune versioni di brani già esistenti. Sapevo che José Luis ama il Fender-Rhodes e abbiamo pensato di usare questa sonorità: è stato l’atto di nascita di Nu-Roots. A quel punto, avevamo bisogno di un batterista versatile e moderno, che potesse fornire un suono contemporaneo al trio, e abbiamo pensato subito che Toni avesse le peculiarità per adattarsi alla nostra idea. Proviene dalla fusion, ma negli anni ha suonato anche in contesti pop e flamenco. Il nostro principale punto in comune è che siamo profondamente melomani. Siamo sempre alla ricerca di nuovi ritmi e melodie da condividere con il gruppo!»


La sua voce sembra sincera e felice quando parla dell’evoluzione del progetto. «Abbiamo lavorato insieme per sei anni. Nu-Roots è l’esplosione di tutta la musica che ci ha influenzato lungo la nostra vita. Il mio linguaggio musicale è molto orientato al jazz, ma ho vissuto gli anni ottanta e novanta e ho continuato ad essere influenzato da quel concetto di suono. Lo stesso è successo a José Luis e Toni. Oltre al jazz, amiamo musica diversa per stile e provenienza: discomusic, musica brasiliana, gospel, musica nera americana, r’n’b… Nu-Roots è tutto questo. È una vera e propria miscela delle nostre esperienze musicali con la libertà di poter fare ciò che più ci piace. Questa è la libertà che ci siamo dati come compagni d’avventura sul palco e come amici: sappiamo come comincia un brano, ma non sappiamo come andrà a finire.»


E, nei loro concerti, si avverte davvero la sensazione che possa succedere di tutto. Sembrano seriamente ironici e, allo stesso, altamente consci delle possibilità che offre il jazz quando si ha il coraggio di andare verso una nuova direzione. «Componiamo i brani in modo aperto e creativo, come appaiono quando li suoniamo dal vivo. Quando ci incontriamo, ognuno porta armonie e melodie e lavoriamo insieme sul materiale. Quando scrivo, so quello che voglio ottenere perchè ho in mente lo stile di José Luis e Toni. Abbiamo dato al gruppo un’estetica molto personale e stiamo lavorando per spingerla ancora più avanti.»


I brani presenti nel terzo album di Nu-Roots rappresentano un passo in avanti nel percorso di assimilazione naturale delle sonorità elettroniche all’interno di un linguaggio che rispetti la tradizione del jazz. «Abbiamo scelto la via degli effetti. Viviamo in un’era tecnologica ed è molto facile portarsi dietro i pedali per creare effetti e manipolare il suono. Oggi possiamo suonare sfruttando tutte le possibilità che ci offre la tecnologia usando un solo computer. È come avere più strumenti nella band. Tutto rimane aperto. Con questo semplice dettaglio, Nu-Roots può diventare in pratica un sestetto. Abbiamo creato i nostri campioni e li lanciamo all’interno della nostra musica per aumentarne la forza e renderla più piacevole.» Ma non sono solo gli effetti ad arricchire la musica: per Nu Tunes & Old Tunes, il trio ha collaborato con alcune grandi cantanti e con uno dei migliori chitarristi jazz spagnoli. «Avevo in mente proprio di lavorare insieme a questi artisti. Gemma Abrié è una grande musicista e possiede una musicalità molto lirica. Gemma ha adattato i versi di Aguas de Março con molto gusto, sapevo che era una canzone perfetta per lei. Per la nostra versione di Blue in Green, ho pensato a Saphie Wells perché ha una voce attraente e sensuale. Conosco Susana Sheiman da tempo e con lei ho un rapporto di profonda amicizia. Penso che sia una delle voci meno sfruttate nella scena jazz di Barcellona, dal momento che lei ha sempre cantato gli standard classici. È una donna molto creativa e, per questo motivo, è stata molto contenta di poter contribuire al nostro lavoro: le ho lasciato la libertà di esprimere la tutta sua personalità. E, infine, abbiamo avuto nel disco Ximo Tébar. Lui è un grande chitarrista ed è anche un amico di lunga data!»


Uno dei principali obiettivi di questa band è la sua capacità di fondere il jazz con altri stili come bossa nova e funky: i groove originali portano le composizioni a un nuovo stadio, non necessariamente legato agli stilemi della fusion. Questa abilità naturale ha una spiegazione semplice e profonda: la conoscenza dei vari linguaggi musicali ha portato i tre ad abbracciarne i sentimenti. «Io amo la musica brasiliana. Mi piace la musica brasiliana tradizionale, come lo choro. Amo la strumentazione e le voci. Mi piace anche tutta la scena funky degli anni ’70. Ci piace riarmonizzare le melodie e modificarle fino a renderle parte integrante della personalità del nostro gruppo.»


Oltre agli aspetti elettronici e alle connessioni con ritmi e linguaggi differenti, Nu-Roots ha acquistato di recente anche un’ispirazione libera, utilizzata in modo lucido e suggestivo nei brani del nuovo disco. «Negli ultimi tempi abbiamo sviluppato alcuni aspetti più liberi, ma con responsabilità, per così dire. Quando ero più giovane, sono stato davvero fortunato ad avere la possibilità di conoscere da vicino e frequentare per alcuni anni con Brian Trainor. Ha suonato free jazz nel New Jersey durante gli anni settanta e mi ha insegnato la strada per esprimermi liberamente attraverso la musica. Il jazz è di per sé libero, ma quando suoni free non puoi dimenticare la condizione tonale: hai bisogno di dare un senso alla musica, la libertà deve essere collegata al contesto musicale. È necessario avere il controllo dello strumento: non puoi perdere le motivazioni intime del tuo messaggio. Quando suoni free o quando suoni comunque in modo libero, tutta la musica che hai studiato e ascoltato durante la tua vita deve venire fuori. Devi essere in grado di suonare libero, devi rispettare la musica.»


Tutto questo rende Nu-Roots uno dei gruppi jazz più acclamati in Spagna. Il nuovo album è stato pubblicato solo da un mese, ma il gruppo si è già esibito in concerti in molte città per presentarlo. La loro agenda è fitta e suoneranno i brani del nuovo disco in contesti molto diversi tra loro: dai piccoli club a festival importanti come Getxo Jazz. E sembra che, nel corso del prossimo anno, la musica di Nu-Roots porterà i nostri tre jazzisti a percorrere moltissimi chilometri: hanno già confermato la loro presenza al Montevideo Jazz Festival in Uruguay. Prima di questo appuntamento, David Pastor sarà impegnato nei suoi numerosi progetti come trombettista e come sideman. Per il momento, la prima “trasferta” sarà in Italia: ad aprile suonerà infatti con Massimiliano Rolff a Genova, Torino e Milano. E, chissà, il prossimo viaggio nel Bel Paese potrebbe essere proprio con il trio.