Maurizio Brunod – Acoustic Dream (Music for Acoustic, Classic and Arch Top Guitars)

Maurizio Brunod - Acoustic Dream (Music for Acoustic, Classic and Arch Top Guitars)

Fingerpicking – 2014




Maurizio Brunod: chitarra acustica, chitarra classica, chitarra archtop





Maurizio Brunod ritorna al disco in solitudine, per la quinta volta, in un momento particolarmente felice della sua carriera artisitica. Attualmente sono attivi il duo con Enrico Rava, come quello con Miroslav Vitous e continua ad esibirsi, quando gli impegni dei componenti lo permettono, il Dream Quartet, in compagnia del contrabbassista ceco ex Weather report, di Javier Girotto e di Roberto Gatto. Malgrado queste collaborazioni eccellenti, il musicista valdostano avverte l’esigenza, periodicamente, di fare il punto sullo stato dell’arte, su quanto ha assimilato suonando con autentici maestri o elaborato grazie ad un’applicazione metodica e feroce sul suo strumento. «Mi piace dedicarmi all’insegnamento – come si legge in una sua dichiarazione – ma non per più di tante ore alla settimana. La priorità è proseguire ad esercitarmi sulle mie chitarre.»


Questa volta Brunod ha staccato la spina, si fa per dire. Il disco è registrato, infatti, in acustico o in semiacustico. Sono banditi i loops, i suoni distorti o prolungati ad libitum, frutto di manipolazioni elettroniche. Si evita il geneticamente modificato, cioè, a vantaggio di un timbro ecologico o biologico che dir si voglia.


Il repertorio scelto è costituito da composizioni a firma del protagonista del cd, per la maggior parte. Quasi tutti i pezzi sono inclusi in album precedenti. Così Mostar era anche in Marmaduke del quartetto con Balanescu, Cojaniz e Barbiero. Sarajevo faceva parte di Visionaire. Waltz for Joe è stata suonata in coppia con Miroslav Vitous, fra l’altro, e in solitudine in Northern lights. Message from a sad dolphin riprende un tema di Bjorn Alterhaug, bassista norvegese presente in Svartisen, inciso anni fa a Oslo nei mitici Rainbow Studios. Si ascoltano, poi, versioni personali di alcuni classici, selezionati con cura e anche questi dedicati a grandi personaggi come Jim Hall o Ralph Towner. Insomma Brunod è fedele alle sue passioni e ai modelli che hanno ispirato o condizionato il suo modo di fare musica.


Si passa dall’Argentina di Quique Sinesi, mitico chitarrista conterraneo di Dino Saluzzi, agli Oregon, dal Brasile di Gismonti a una composizone di Enrico Rava, Le solite cose, già in Alone again, di molti anni antecedente all’incontro su un palcoscenico fra il trombettista torinese e il chitarrista di Enten Eller. Tutto ruota secondo coordinate riconoscibili: il sound latino, il jazz rock soft, la tradizione jazzistica reinterpretata con rispetto e l’amore per la bella melodia. Ai vari pezzi viene riservato un trattamento lussuoso. Brunod interpreta i temi come sono, senza snaturarli, per operare, contemporaneamente, un lavoro di armonizzazione attentissimo ai dettagli e alle dinamiche. Si tratta di un’azione piuttosto sofisticata nella sostanza, ma resa in una forma intellegibile, fruibile senza particolari difficoltà. Dietro questa apparente semplicità c’è un’operazione profonda sui vari brani. Il soggetto è fatto così. Non si accontenta di un prodotto buttato là o non ben rifinito. Si danna finchè il risultato finale non sia pari alle sue attese.


Con questo album il musicista di Aosta aggiunge un tassello significativo alla sua discografia, vincendo la sfida del disco in solo, lui e le sue chitarre, senza farsi aiutare questa volta dallo strumento elettrico, ma puntando, invece, sulla ricerca di variazioni, di sfumature, di abbellimenti inediti su brani a lui tanto cari, per ricavarne una lettura ancora diversa e possibilmente emozionante.