ECM Records – ECM 2402 – 2014
Louis Sclavis: clarino basso
Gilles Coronado: chitarra elettrica
Benjamin Moussay: pianoforte, tastiere
Keyvan Chemirani: percussioni
Poeta eccentrico e visionario concreto, avventuroso esploratore di geografie umane (e non solo in termini immaginari, come la biografia e l’opera confermano) Louis Sclavis persiste nel suo impersonarsi faro di un umanesimo creativo e responsabile, espandendone la misura in un lavoro che prende ispirazione e ragioni “dall’idea delle (e)migrazioni nella storia del Mondo – viaggiando a partire da, e quindi ancora verso il jazz”.
Piccole ma non scontate gemme di musicalità istantanea, le nove misure di Silk and Salt Melodies, titolate secondo modalità ispirative e tematiche che sanno di viaggio ed esotismi non da cartolina, con dichiarate apertura ed attenzione verso la periferia del Mondo, richiamano quanto lungamente Sclavis abbia incorporato segni del linguaggio da strada nel suo fluente opus.
Perfettibile, magari, in quanto non primariamente investito verso l’invenzione radicale, o almeno secondo le aspettative più strettamente jazz, da queste il gruppo può affrancarsi in quanto portatore di una musicalità d’ampio respiro, libera da costrizioni identitarie, che con una attenzione costante tende alle fonti del sortilegio, in una trasfigurazione formale vivente nella filigrana umanista che impronta con costanza lo spirito dell’operazione.
Perseguendo stilemi di un’aggiornata musique de chambre e non escludendo le traiettorie di un certo prog, le Melodie di Seta e di Sale cimentano le misture della leggenda con le misure (per definizione sempre in espansione) dell’avant-garde, ponendosi ad un capo di un movimento musicale attivo e di fatto trasversale, che vanta certo esponenze più fruibili e global (potrebbero esserne un esempio le varie incarnazioni dei conterranei Hadouk).
Plasmata da emersioni orgogliose e decadimenti gentili, tenendo le distanze da asperità formali e da ricerche innovative non primarie ai fini del proposito creativo, le forze e le prese di rischio già espresse nel’appena precedente Atlas Trio transitano verso questa traiettoria sonora che sa di dune e transumanze, risuona di grandi passaggi etnici, delle lacrime e della voce dei deboli, incarnandosi nei tratti fantasmatici della chitarra, nelle stanze del mistero segnato dalla pergamenacea percussione, nelle evocazioni pittoresche dei tasti, certamente nell’inesausto fiato dell’esploratore-leader, che deponendo soluzioni e tratti idiomatici operano per tratteggiare un meta-linguaggio devoluto ad una fruibilità poetica e una drammatizzazione mai retorica.
Partecipativa e mai troppo astratta musicalità, che non origina certo dall’atipico Rouge (prima incisione per ECM, 1991) l’itinere di umor picaresco e di nobile retaggio trovadorico del Nostro torna ad espressione ulteriormente rinnovata, che dell’archetipo del Viaggio e dei transiti della Storia si fa idea creativa ed anche vivido manifesto.
Link di riferimento: http://player.ecmrecords.com/sclavis2402