Abeat Records – ABJZ136 – 2014
Davide Merlino: vibrafono, glockenspiel, celesta, harmonium, batteria, fender rhodes
Dario Trapani: chitarra elettrica, chitarra baritono, fender rhodes, wurlitzer, sintetizzatore, harmonium
Simone Prando: basso elettrico, pianoforte, sintetizzatore, wurlitzer, contrabbasso
Riccardo Chiaberta: batteria, sintetizzatore, wurlitzer, fender rhodes, pianoforte
I Mu pubblicano il terzo disco per la Abeat e, per fare le cose in grande, si trasferiscono in Islanda negli studi di Mosdellsbaer e si affidano a Birgir Jon Birgisson, produttore dei Sigur Ros, gruppo di punta del rock sperimentale europeo. La quiete, la tranquillità, i silenzi dell’isola condizionano la musica del quartetto, mai come in questo caso segnata da un grande senso di pace. Tutti e quattro impiegano più di uno strumento, poi, per dare vita ad un sound delicato, carezzevole, che non finisce, però, nell’edulcorato o nel caramelloso.
Si comincia con Nest of giants con un incipit che ricorda i primi Weather report e una vaga impressione di attesa di qualcosa in arrivo che rimane in sospeso fino alla conclusione.
What happened to Mabel è una ballad provvista di una bella melodia e di una costruzione delicatamente sognante
PP my dear è disegnata dal glockenspiel di Davide Merlino e racchiude un’armonizzazione priva di complicazioni, ma avvolgente.
New lands impro ha un tono descrittivo. La chitarra continua a ripetere una frase lenta e significativa sino all’apertura di un solo friselliano, come se il country-jazz si fosse spostato dalle praterie americane ai ghiacci del polo
Penguins mating seasons è su un motivetto facile e orecchiabile. È guidata dal vibrafonista, ma non riserva particolari sorprese o momenti di interesse. È il brano debole del disco.
In love for Kiki è ancora una traccia sentimentale, cantata e arrangiata con tutti i crismi, senza la preoccupazione per i Mu di passare per iper-romantici.
Snow storm è breve, dominata da Merlino e attraversata dal rumore del vento freddo del nord.
Out of rhe blue (impro 2) fa pensare alle composizioni di Crosby, di Neil Young, viste con la sensibilità di un gruppo nu jazz, che rinuncia in certi casi alla sua appartenenza. Meglio interpretare al meglio un pezzo che perseguire la strada della coerenza a tutti i costi.
In Meshes of the dawn la batteria scandisce un tempo regolare, mentre l’archetto sfiora il metallofono e rimanda un suono lungo e insistente. Periodicamente viene fuori una piccola frase del piano, anche questa sempre uguale a sé stessa. E’ il fascino discreto della ciclicità.
Smilla’s dream è in odore di smooth jazz, su tempo medio, con Dario Trapani che distorce il timbro della chitarra, mantenendo un approccio quieto, non turbolento, al suo strumento
In Yoga si distende un motivo facile, poche note ma essenziali,su cui girare e rigirare sapendo bene dove andare a parare.
Nest of giants è certamente uno dei dischi di ascolto più agevole nella discografia di Mu. Non che gli altri album siano complessi, tutt’altro. Merlino e compagni hanno raggiunto, però, qui, la semplicità dopo un percorso abbastanza lungo, lasciandosi andare per esprimere quello che hanno dentro, evitando di cercare fuori da loro stessi la chiave per produrre buona musica. Il viaggio in Islanda è servito principalmente a questo scopo.