Slideshow. Claudio Vignali

Foto: dal sito di Claudio Vignali www.claudiovignali.com










Slideshow. Claudio Vignali.



Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Claudio Vignali?


Claudio Vignali: Un puntino nell’universo innamorato della musica.


JC: Mi dici qualcosa del tuo disco Juggernaut?


CV: Juggernaut è il frutto di un lavoro ininterrotto di ricerca musicale, tecnica, stilistica e compositiva con il nostro gruppo INDU. Conosco e collaboro con il batterista Andrea Grillini da moltissimo tempo e credo che questo disco sia la sintesi di tutto il nostro percorso musicale, che tocca elementi di musica classica, jazz e musica contemporanea. A tutto questo si è poi aggiunto Achille Succi al sax e clarinetto basso, con il suo preziosissimo contributo.


JC: Anche la storia dei nomi Juggernaut e INDU è molto particolare, vero?


CV: Sì, per trovare un nome al nostro progetto, la prima cosa che ci è venuta in mente essendo in due è stato appunto il nome INDU, che in dialetto bolognese significa “in due”; abbiamo poi giocato con il doppio significato “induista” della parola e abbiamo collegato il tutto a Juggernaut, che è uno dei molti nomi della divinità Krishna, dalle antiche scritture Veda Indiane. In inglese moderno la parola viene usata per definire una forza di qualsiasi natura, considerata inarrestabile e distruttiva (un po’ come la nostra musica…)


JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


CV: Ho molti ricordi musicali di quando ero bambino; soprattutto legati a mio padre, che era un grande amante della musica, di tutti i generi. In casa si ascoltava di tutto: dalla musica classica, alla musica dei grandi cantautori italiani, al jazz e al rock.


JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


CV: Ho iniziato a studiare musica classica da piccolo e lo studio dei grandi autori mi affascina tuttora. Continuo a studiare regolarmente il repertorio classico e a tenere concerti. Verso i 15 anni, iniziando a suonare nei primi gruppi, da autodidatta mi sono appassionato alla musica moderna e all’improvvisazione, per poi avvicinarmi al mondo del jazz, per il quale è nato un amore sfrenato; è un genere in cui il musicista ha una grandissima libertà d’espressione, in cui coesistono variegati approcci e che è stato da sempre aperto alle più numerose influenze e contaminazioni.


JC: E in particolare un pianista e tastierista?


CV: La letteratura pianistica classica è senza dubbio una delle più belle in assoluto; se aggiungiamo i grandi pianisti jazz che abbiamo la fortuna di avere nella storia, non si può non rimanere affascinati da questo meraviglioso strumento. E poi, avendolo suonato fin da bambino è una parte di me a cui non posso rinunciare.


JC: Ma cos’è per te il jazz?


CV: Il Jazz è la vera espressione della personalità, dell’essere trasmutato in note. Generalmente si associa la parola “Jazz” ad uno stile musicale ben definito che tutti noi conosciamo, dove l’improvvisazione gioca un ruolo fondamentale; io credo che questo modo di vedere le cose sia limitativo. L’ elemento dell’improvvisazione ad esempio, è stato presente in tutta la storia della musica: Bach, Mozart, Beethoven, Liszt, Chopin erano, oltre che straordinari compositori, anche grandi improvvisatori. La storia ci ha portato fino ai musicisti jazz che conosciamo, che improvvisano e compongono in uno stile diverso da quello degli autori “classici”, ma i loro ruoli hanno sicuramente dei punti in comune. Anche alla luce di questo, mi piace pensare al jazz come ad un campo in cui ognuno abbia la libertà di esporre il suo stile musicale, esprimere liberamente la sua personalità e il suo percorso musicale.


JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ al jazz che suoni tu?


CV: Nella musica ricerco il mio essere, la mia identità. Ciò avviene tramite lo studio, la sperimentazione e l’esperienza. Penso che per un pianista, soprattutto europeo come me, sia fondamentale la conoscenza dei grandi compositori della nostra tradizione classica. È su queste basi di “studio e analisi” musicale che inizia la sperimentazione, si sviluppano le proprie idee e si arriva ad avere un proprio approccio allo strumento, una visione personale. A queste fasi di studio si unisce poi l’esperienza in tutte le sue parti, dalla registrazione in studio ai concerti, dove l’intenzione cambia ed è importante avere un approccio più libero ed istintivo. Per concludere, i concetti che associo alla mia musica sono ricerca, sperimentazione e istintività.


JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


CV: A Juggernaut sono affezionatissimo, perché è il frutto di anni di lavoro e di amicizia. Oltre a questo, non riesco a citarne uno! Due cd molto importanti per me, perché frutto di scambi musicali internazionali sono: Doors and Windows con Oddrun Eikli, Arne Hiorth, Daniele Principato e TBC Live at Teatro Bismantova con Tarun Balani, Tiziano Bianchi e Matteo Zucconi.


JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


CV: Credo che anche in questo caso non sceglierei un cd, ma almeno due: The Complete Capitol Recordings di Art Tatum e Ravel Piano Concerto in G, Rachmaninoff Piano Concerto n. 4 nell’esecuzione di Arturo Benedetti Michelangeli.


JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


CV: Ho avuto due incontri molto importanti che hanno influenzato fortemente il mio modo di suonare e concepire la musica. Il primo è stato l’incontro con la straordinaria pianista classica Wonmi Kim, con la quale abbiamo lavorato su diversi aspetti musicali e tecnici; il secondo con Giorgio Gaslini, con il quale ci siamo confrontati analizzando vari aspetti musicali. Credo che Gaslini sia stato un vero innovatore del jazz italiano, una persona straordinariamente avanguardistica: un grande. Oltre a questi, sono stati molto importanti anche i miei primi insegnanti: Piera Bertoncelli, Fabiana Ciampi e Daniele Venturi.


JC: E i pianisti o tastieristi che ti hanno maggiormente influenzato?


CV: Non è facile contare i pianisti che mi hanno influenzato, perché sono veramente tanti. Tra i classici sicuramente Ravel. Ho studiato molti suoi lavori, l’ho sempre trovato un compositore affascinante e raffinatissimo, per me una fonte costante di ispirazione. Un altro compositore classico che mi ha influenzato è Bach: oltre ad approfondire il repertorio classico, negli ultimi anni vi ho unito lo studio dell’improvvisazione barocca, che trovo meravigliosa. Nel jazz ho ascoltato e trascritto molto: Art Tatum, Bud Powell, Earl Hines, Keith Jarret, Mc Coy Tyner, Bill Evans, Michael Petrucciani, Chick Corea, Brad Mehldau, Kenny Barron. Nel jazz più contemporaneo sto ascoltando molto Nikolaj Kapustin e Craig Taborn.


JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


CV: Ce ne sono stati diversi, molti dei quali negli ultimi anni. Il debutto quest’estate al Teatro Comunale di Bologna è stato uno di quelli: suonare nella mia città, in un teatro splendido, è stato fantastico. E sono stato davvero molto contento della risposta che ho avuto dal pubblico. Oltre a questo, la vittoria del terzo premio al Montreux International Jazz Piano Competition è stata una grande emozione.


JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


CV: Quelli con cui s’instaura un rapporto musicale e umano di rispetto reciproco; con cui si può creare un vero e proprio gruppo di lavoro, ma anche di amicizia. Nel nostro gruppo INDU questi elementi non mancano!


JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


CV: È una situazione, come tutti noi musicisti sappiamo bene, non facile. Credo però che ci sia anche fermento, una grande voglia di fare e sperimentare da parte dei giovani, che nonostante le difficoltà continuano a lavorare e investire le proprie risorse nella musica; e questa è una cosa bellissima.


JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


CV: A breve saranno disponibili tutte le informazioni relative al tour con il nostro gruppo INDU. Riguardo al resto, ci saranno novità interessanti!