Paint your life: melodia e colori nella musica di Dario Chiazzolino

Foto: la copertina del disco










Paint your life: melodia e colori nella musica di Dario Chiazzolino.


Dario Chiazzolino è un chitarrista in possesso di un suono fluido, pulito, di chiarezza cristallina, con un marcato accento blues che ne caratterizza l’appartenenza alle matrici afroamericane. Quest’ultime modernizzate attraverso un uso equilibrato di melodia e improvvisazione. Paint your life, la title track del suo ultimo disco, riassume al meglio le caratteristiche tecniche e artistiche di un musicista dagli evidenti caratteri internazionali.



Jazz Convention: Chi è Dario Chiazzolino e come è arrivato al jazz?


Dario Chiazzolino: Ho avuto la fortuna di iniziare la carriera da musicista molto presto. Suono la chitarra dall’età di 11 anni. A 14 anni è arrivato il mio primo ingaggio professionale. Durante le mie prime esperienze lavorative suonavo musica rock, progressive e blues; al jazz sono approdato più tardi. Avevo circa 17 anni quando fui totalmente stregato dall’ascolto di Jazz at Massey Hall, il disco con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Charles Mingus e Max Roach. Da qui in poi la mia percezione della musica prende una svolta decisiva.



JC: Perché hai scelto la chitarra? E a quali maestri ti sei ispirato inizialmente?


DC: Sono sempre stato attratto dalla chitarra, questo ancor prima di sfiorare le sue corde. Ero affascinato dal suono, e venivo letteralmente rapito dall’ascolto degli assolo dai “grandi” interpreti a sei corde. Pensavo: che incredibile esperienza potesse essere suonare la chitarra! Posso dire che non mi sbagliavo. Inizialmente ero attratto dalla chitarra elettrica e dalle sonorità più taglienti, prima di sperimentare altri tipi di timbriche. Non credo di aver avuto mai un riferimento particolare nel panorama della chitarra. Posso affermare però con certezza che ben presto ho individuato tre personalità che continuano a stupirmi e che probabilmente mi hanno maggiormente influenzato durante la mia crescita come musicista. Mi riferisco a Jimi Hendrix, Wes Montgomery e Django Reinhardt.



JC: Chitarra elettrica e acustica: a quale delle due ti ritieni più affine o che preferisci suonare?


DC: La chitarra semi acustica è lo strumento che ritengo mi permetta di esprimermi al meglio. Nello specifico mi riferisco alla mia Gibson Es 135. Sono 8 anni che la suono e non ho mai sentito l’esigenza di cambiare strumento. Proprio a conferma dell’amore per questa chitarra, con mia grande soddisfazione sono diventato endorser del marchio Gibson Italy. La mia passione per la chitarra mi ha portato comunque a sperimentare sonorità più acustiche e per contro anche decisamente più elettriche



JC: Quante ore al giorno studi e che musica ascolti oltre al jazz?


DC: La chitarra fa parte della mia quotidianità. Più tempo trascorro con lei, più mi sento bene e appagato. Non è solo una questione di studio o di allenamento ma è proprio un’esigenza. Non sono il tipo di musicista che crede che si debba studiare un tot di ore al giorno per ottenere determinati obiettivi. Quello che per me è importante è la qualità del tempo trascorso con lo strumento. Mi piace cimentarmi nell’ascolto di diversi scenari musicali. Sono un appassionato del ritmo e di tutte le suo sfaccettature. Adoro la musica africana, soprattutto quella del Madagascar. Sono un grande estimatore della melodia e spero che ciò si esprima con la mia musica.



JC: Il tuo set perfetto?


DC: Mi piace molto suonare in quartetto con piano, batteria e basso; credo sia il set in cui la mia musica trovi la maggiore corrispondenza, nei suoni e nei colori. Tuttavia trovo molto stimolante suonare in trio o anche da solo. Ho un progetto di “chitarra solo”, che ho chiamato “solitario”. Un vero e proprio viaggio interiore.



JC: Tu sei di Torino, cosa vuol dire essere un jazzista sotto la Mole?


DC: Credo che Torino sia una fra le città più stimolanti nel nostro paese. C’è una grande ricerca e si respira un’aria davvero artistica. Mi sono tuttavia spesso trovato a vivere lontano dalla mia città. La mia partecipazione in progetti con musicisti europei, cubani e americani mi ha in molte occasioni portato fuori dall’italia.



JC: Ci fai un breve resoconto sui tuoi dischi precedenti a Paint Your Life? E sulle tue prestigiose collaborazioni?


DC: Ho avuto il piacere e l’onore di suonare e collaborare con grandi musicisti che stimo da ancor prima che iniziassi a suonare la chitarra. È recente la mia collaborazione con gli Yellow Jackets. Ho preso parte alla loro tournèe nel 2012 ed insieme a Bob Mintzer, Russel Ferrante e Jimmy Haslip abbiamo costituito un nuovo progetto, Principles Sound. Il nostro recente lavoro discografico lo abbiamo intitolato Lost in the Jungle. Precedentemente ho inciso diversi album da leader e dai side man. Posso citare alcune delle persone alle quali sono maggiormente legato oltre che dalla musica anche da un rapporto di profonda amicizia. Musicisti con i quali ho registrato dischi, condiviso palchi e momenti di vita per me importanti come Horacio “El Negro” Hernandez, Dany Noel Martinez, Nico Di Battista, Andy Sheppard e Rick Stone. Per chiudere il cerchio, e questa è in verita una piccola anteprima, a breve uscirà anche il mio prossimo album dove sarò accompagnato da uno staff di primissimo livello. Antonio Faraò al piano, Dominique Di Piazza al basso e Manhu Roche alla batteria.Non posso dire altro se non che sono in trepida attesa!.



JC: Paint Your Life è la tua ultima fatica registrato in quartetto con un cast di alto livello…


DC: È per me un piacere presentare i miei compagni di squadra, che mi hanno sostenuto durante l’intero processo con grande entusiasmo. L’italiano ormai da tempo americano Marco Panascia al contrabbasso, che ringrazio molto per essere stato così determinante nella realizzazione del progetto. Taylor Eigsti al piano e Willie Jones alla batteria. Sono molto felice che Paint your life sia finito nella sezione Best Release su itunes! Ne sono onorato.



JC: Le composizioni di Paint Your Life sono scritte di tuo pugno tranne There Is No Greater Love. Quando scrivi dei pezzi a cosa ti ispiri?


DC: Credo di essere stato da sempre mosso dalla melodia e da tutte le sue forme e combinazioni con il ritmo e l’armonia. Quando scrivo cerco di metterci il cuore. Ho sempre creduto che la musica più che stupire debba emozionare. L’arrangiamento dei brani arriva poi in un secondo momento. Ed è qui che entra in gioco la sfera più cerebrale. In genere l’ispirazione avviene per me all’improvviso. Non c’è un momento preciso in cui penso di fermarmi e scrivere musica. Quando ciò avviene però mi sforzo di immortalare l’idea registrandola con il mio telefono o scrivendola su spartito, così da memorizzarne l’essenza. A volte succede che l’idea funzioni senza bisogno di accorgimenti. In altri casi occorre elaborare il materiale finchè non trovo qualcosa che mi soddisfi fino in fondo.



JC: Che giudizio dai al tuo Paint Your Life?


DC: Paint your life è un album a cui sono emotivamente molto legato. Durante la fase di masterizzazione del disco il mio papà è venuto a mancare. Trafitto dal dolore ho scritto spontaneamente ancora una canzone. Paint your life. Un brano di chitarra solo. Ho così deciso di dedicare il cd a mio padre e quest’ultima canzone scritta in suo onore ha dato il nome all’intero cd.



JC: Quali sono i tuoi sogni di jazzista?


DC: Credo che vivere suonando e scrivendo musica sia davvero un privilegio che hanno in pochi. Per questo mi ritengo molto fortunato. Il mio sogno è quello di continuare a fare musica e a vivere tutte le grandi esperienze che questo lavoro regala sempre con grande intensità.



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