You Look – Desert Island

You Look - Desert Island

Up Art Records – UPA CD006- 2014




Luisa Cottifogli: voce

Aldo Mella: contrabbasso, basso elettrico

Gigi Biolcati: cajon, darbuka, djembe, tabla, balafon, snare, fast foot, kalimba, voce, cianfrusaglie, piatti





Far viaggiare insieme leggerezza e qualità non è lavoro da poco. Questo disco ci riesce.


Per chiarire ogni dubbio e per non sfuggire alla regola crudele (e stantia) della classificazione tassonomica dei generi diciamo subito che non è un vero e proprio disco di jazz. È piuttosto fusion di buona grana.


Già il titolo allude a un viaggio senza una meta precisa, a un “dolce naufragar” in qualche luogo imprecisato della musica. L’ascolto restituisce in pieno il senso di questo viaggio. Il trio, un insolito incontro di voce, bassi di ogni tipo, percussioni etniche ed elettronica (poca e ben dosata), naviga a vista fra arcipelaghi di esperienze musicali. Una navigazione rapsodica che intride di sapori afro jazz a un vecchio successo dei Rolling Stones come Angie – grande prova della Cottifogli – reinterpreta in chiave sempre afro un’antica ballata popolare irlandese, sbarca spesso in Africa e in Brasile.


Operazioni di questo tipo non sono tanto rare. Quello che però colpisce in questo disco è la freschezza che lo anima. Desert Island è un lavoro sperimentale che non perde mai la comunicatività. È raffinatissimo senza mai essere cerebrale, immediato senza mai cadere nella banalità. Non è certo innovativo, ma non credo che questo sia lo scopo dei tre musicisti che gli hanno dato vita.


La mancanza di strumenti armonici complessi come tastiere o chitarre è superata sempre con grande souplesse e disinvoltura.


Certo, di tanto in tanto si avverte qualcosa che non funziona. Ma anche quando succede non si può che dare atto ai tre di avere avuto coraggio. Misurarsi con un musicale come Shine on you crazy diamond non è affar semplice e la versione del trio non convince molto.


In ogni caso, anche nei passaggi meno riusciti il disco da sempre l’impressione di una grande apertura mentale, di un amore autentico per quello che viene suonato. L’ascoltatore ha sempre, come detto all’inizio, una sensazione di leggerezza e di freschezza, di sincerità emotiva.


I tre, come scrivono nelle note di copertina, si sono divertiti a incidere queste tredici tracce (quasi in tutte è stata dichiarata “buona la prima”). La loro ironia traspare fin dal nome dato alla loro formazione, che è la traslitterazione inglese della parola dialettale piemontese che significa allocchi. Per Funkympro ammettono addirittura di aver voluto fare della tamarraggine musicale, riempiendo il brando di suoni da discoteca.


Il pezzo migliore è il Valzer del mercato, pieno di odori (anche nel testo) popolari italiani ma anche etnici. La bravissima Cottifogli si rivela anche ottima autrice di testi. Quello meno riuscito è la track, in stile pop, che offre il titolo al cd. Lo stesso Aldo Mella, che l’ha scritta con Biolcati, ammette simpaticamente la “sdolcinatura” del pezzo.


In un mondo normale Desert Island sarebbe un cd da hit parade e il gruppo sarebbe popolarissimo, apparirebbe spesso in televisione. Nello sgangherato panorama musicale attuale rischia di rimanere un disco fra i tanti. In questi tempi anche l’intrattenimento di qualità sembra non fare audience.