ACT Records – ACT 9577-2 – 2014
Manu Katché: batteria
Luca Aquino: tromba, elettroniche
Tore Brunborg: sax tenore, synth bass
Jim Watson: pianoforte, organo Hammond
Vi è della coerenza, della regolarità, ammissibilmente del metodo nelle esperienze capitanate con cadenza ormai regolare dal batterista franco- ivoriano, sostenute, come in questo caso, da una circolarità formale e un esercizio dello schema che ne fanno a loro modo un marchio di fabbrica.
Variando ancora una volta la line-up con talenti europei, che succedono al làscito impegnativo almeno per firma dei predecessori Tomasz Stanko e Nils Petter Molvaer, Jan Garbarek, Marcin Wasilewski, il ristretto circo musicale, mai eccedente in trucchi e illusionismi, dell’abile Katché si riformula per line-up con l’innesto del nostro Luca Aquino, che riesce ad importare nel collettivo buona messe dei segni condensati nelle proprie più recenti esperienze, particolarmente in solo, segnate da nitore olimpico e fremito avant-garde.
Voce più precocemente arruolata già nelle esperienze in ECM, il tenorista Tore Brunborg, di cui vano ed inappropriato (oltreché poco avveduto) sarebbe evidenziare le affinità con gli stilemi garbarekiani, piuttosto incidentali, si conferma interprete d’interventismo appropriato ed asciutto carisma, laddove l’analogamente sperimentato tastierista Jim Watson esplicita inventiva e gioco immaginativo, abili ad increspare probabilmente in maggior misura il soundscape d’insieme, vivacizzando con qualche vibratoria asperità l’altrimenti gommata tessitura del batterista, di cui nulla vuol togliersi agli impeti e alle energie possenti dispensati con mano sicura negli intercalari percussivi.
Variegato e sensibile, l’incedere della band risente nella regia dell’ampio, fantasioso e personale praticantato del leader lungo un titolatissimo scenario pop-rock, che anche nelle incursioni a maggior carica jazz dissemina un’impronta personale ed incisiva; l’impatto generale di questa animata esperienza parigina vive dei tocchi d’animato cesello dei quattro, ma la disciplina d’insieme s’impone, piuttosto inesorabile, anche nei momenti di più spiccati concitazione ed interscambio quali Clubbing o Walking by your side.
Verosimilmente più fasce d’ascoltatori s’interrogheranno su quale legittimità o profonda esigenza nutrano la vita delle formazioni katcheiane, improntata nei sensi di un tonico e ben abitato mainstream, netto di segno e mai inane nell’innervatura solistica ma, ancora, sia pure con gli aggiornamenti semantici legati alle aggregazioni individuali e dunque un parziale refreshing, l’apparente riproposizione delle traiettorie plastiche nella formula Katché sembra non investire più di tanto sulla sorpresa o sulla sterzata d’effetto – per chi prediligesse le seduzioni dell’anarchia strutturale e del profondo brivido espositivo: in buona sostanza, essi non abitano qui.