Eptagroove – Un po’ di luce

Eptagroove - Un po' di luce

Caligola Records – Caligola 2159 – 2013




Hugo D’Leon: tromba, flicorno

Davide Agnoli: sax soprano, sax alto

Francesco Ganassin: clarinetti

Attilio Pisarri: chitarre

Mauro Bonaldo: basso elettrico

Lorenzo Bonucci: batteria



special guest:

Marco Tamburini: tromba






Interrogarsi sul concetto e sull’essenza della luce – se entità contrapposta alla tenebra o energia foriera di chiarezza e bellezza – forse non è prioritario affare o progetto operativo del sestetto aperto in questione, ma almeno lungo le prime battute sembra che ci s’interroghi sui bilanci chiaroscurali della forma, abbozzando una lotta conoscitiva avverso alla tenebra dell’incertezza, facendo in realtà convergere i propri componenti nell’abbozzo di una nervosa identità cameristica, che riverbera un po’ delle fucine dell’estremo Nord, qualcosa di certi arcaici combo african-american, salvo poi scattare con decisione verso un chiarore ben più nitido e un flusso musicale assai più corrente in varie riprese più sfacciato, ma che raramente acquisisce energie vivificanti.


In compunto lirismo e in polifonia interrogativa attacca dunque l’introduttiva Hymn, che rispettando il titolante carattere dilaga poi verso una fluenza swingata e danzante, di tiepido impatto emotivo e sbiadito mordente sensoriale, procedendo nelle sue soluzioni eminentemente fusioniste con studiata scrittura ma esiti di poca sorpresa – e un po’ di luce non perviene peraltro dalla blanda elettrificazione, che non conferisce surplus emozionali di dirimente colore né utilmente vivifica il programma.


Indugiando entro una curiosa formula ibrida e sospesa, di controllato humour e sufficiente assertività ma di progettualità che non sembra pervenire a compiuta espressione, il collettivo Eptagroove esplicita un impegno di firma almeno nel duttile gioco dei fiati, nonché nel corretto impegno partecipativo dei sidemen, spaziando dunque le sonorità nelle articolazioni degli spazi collettivi, entro un crocevia apparentemente ampio di forme stilistiche e di vedute, ma non poi così florido in tensione immaginativa: provvisti di senso orchestrale nelle imbastiture d’insieme, più che davvero affrancarsi nell’agognata luce, gli sforzi del collettivo sembrano spesso persistere entro una penombra povera di mordente… Insomma, maggior concentrazione d’intenti condurrà a più illuminata espressione? – è quanto attendiamo.