Dodicilune Dischi – ED 329 – 2014
Emanuele Passerini: sax tenore, sax soprano
Galag Massimiliano Bruno Belloni: pianoforte
Resistere al Peccato originale è impresa improba e per cuori impavidi, resistere quanto meno alla tentazione di “rivitalizzare il Classico” senza incappare in mistificante quanto presuntive “reinfusioni di vitalità” è affare che non sembra qui svelarsi disagevole, stanti anche e soprattutto l’approccio tematico e il taglio espressivo adottati dalla fattiva e talentuosa coppia, di cui avevamo già apprezzato la solidità creativa almeno nel precedente lavoro Talk and Fly (Dodicilune, 2013) e che si cimenta ora nella già quinta esperienza discografica con la struttura armonica del bachiano Clavicembalo Ben Temperato, «utilizzata come impalcatura generale nella quale i due musicisti costruiscono improvvisazioni aperte in tutte le 12 tonalità maggiori e minori».
Revisione molto personale che non palesa soggezioni tangibili nel riplasmare l’idioma e le visioni del capitale Maestro germanico, the Well-Tempered Duo è esperienza insieme istruttiva e appassionante che lungo le ventisei composite misure, tutte provviste di articolata ed autonoma vita, pressoché mai sono passiva e prona ripercorrenza quanto lucido e polemico memento sul valore dell’autorialità senza tempo.
Riesce il lavoro di Passerini & Belloni, una volta tanto in quest’àmbito, a trascendere i livelli d’interfaccia tra scrittura classica e sentire contemporaneo, dilagando con disciplina ed elevato potere comunicativo in un corpus che è meta-linguaggio eminentemente nei termini di una sincretica ricchezza: solidamente ancorata l’ispirativa base tonale dell’Opera, formalmente se ne “aggiornano” i materiali anche con posteriori espressioni della classicità, ma l’ardimentosa «libertà di movimento dei colori nello spazio» come il duo suggerisce può meglio attuarsi plasmandosi nella già praticata, catartica vena coltraniana, di fluente pienezza espressiva, nelle curiose progressioni e nelle lacerazioni ayleriane, figure ispirative entrambe persistenti per spirito vitale e già non meno classiche da Empireo dei Grandi.
Ricorre e domina una seduttività ipnotica, una ritualità mantrica, un approccio quasi medianico agli accenti “black”: non alienandosi soluzioni sghembe per ritmica o scabrose per timbrica (dalle forme spigolose e “senza pelle” de I Giocattoli, i rischiosi vortici di danza in Waltz of the Bugs alle declamazioni di più franca ampiezza melodica della Rapsodia Eb maior), la coppia mantiene ben presenti le forze trans-temporali della scrittura bachiana, qui incarnate nello sfaccettato, multiforme interscambio tra l’imponente respiro del corpo pianistico e la rocciosa eloquenza delle ance – il magmatico gioco di sostegno armonico e l’incisivo, autorevole interventismo ritmico-melodico del piano, le tensioni magnifiche e magnetiche del tenore, la lirica crudezza del soprano ci confermano tuttora (e più) positivamente persuasi dai talenti del duo, abile ad esplicitare con apparente ma fattiva semplicità di mezzi una musicalità fluente, che erompe per costruttiva visionarietà e forza persuasiva.
Rodati personaggi che amano persistere nel vezzo di definirsi “musicisti non-a tempo pieno”, Belloni & Passerini si radicano a proprio modo entro una peculiare letteratura “à deux” che già vanta contributi da parte di maiuscole voci: il presente Bach-Project è prova che fa bene ad un jazz di fattura artigianale ed ispirazione schietta ma fortemente colta, di pieno respiro internazionale, forte di un arsenale mai parco o difettivo di spunto, di smalti, ma soprattutto di quel portato e grado di onestà che è tale se espressa dall’artista modesto ed operoso – e pertanto, grande.