Attorno a un disco di classico vocal jazz: Il nuovo Singing The Blues di Freddie Cole

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Attorno a un disco di classico vocal jazz

Il nuovo Singing The Blues di Freddie Cole


È da poco uscito un disco molto bello che si intitola Singing The Blues e che Freddie Cole ha registrato per la HighNote qualche mese fa. Vale dunque la pena spendere qualche riflessione sull’album e sull’autore, purtroppo non ancora noto e apprezzato in Italia come invece si meriterebbe. Di dodici anni più giovane del fratello, il celebre Nat King Cole (1919-1965), Freddy inizia a cantare appena ventenne ma nel primo quarto di secolo di carriera – tra il 1952 e il 1978 – riesce a incidere solo sei dischi a 33 giri.


È dal 1990 che Freddy Cole inizia una personale escalation che lo condurrà a primeggiare tra il vocalismo jazz tornato in auge, con ben ventitré album, tutti di buon livello, guadagnandosi persino nel 2010 una nomination ai Grammy con Freddy Cole Sings Mr. B, il lavoro dedicato al cantante bebop Billy Eckstine, di cui ama considerarsi allievo e continuatore. In effetti lo stile di Freddy, come si deduce anche, ovviamente, dall’ascolto di questo nuovo Singing The Blues può vantare diverse influenze dall’ambito coroner al più generale contesto afroamericano. E proprio alla cultura musicale afroamericana il suo riferimento è costante, giungendo persino a un vero e proprio tributo al generale che è la culla di tutte le espressioni vocaliche. Il modo di affrontare però il blues non è quello dei bluesman, ma ancora una volta è il mood del crooner o del jazzsinger a prevalere: un’intonazione calda, delicata, tranquilla, distesa, pacatissima. Ciascuno degli undici blues spesso famosissimi – All We Need Is a Place, Another Way To Feel, Ballad of the Sad Young Men, Goin’ Down Slow, Meet Me at No Special Place, Muddy Water Blues, My Mother Told Me, Old Piano Plays the Blues, Pretending, Singing The Blues, This Time I’m Gone For Good – è trattato come ballad o a mid-tempo anche grazie a un jazz quintet abilissimo, con Harry Allen, John di Martino, Curtis Boyd, Randy Napoleon, Elias Bailey, nei controcanti strumentali.


Alla fine ne fuoriesce un CD assai godibile che potrà risultare utile, interessante, apprezzabile tanto dagli amanti del blues quanto, come sempre, dai fini intenditori del canto jazz.