Unlimited: Enrico Pieranunzi Piano Solo

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Unlimited: Enrico Pieranunzi Piano Solo

Genova, Teatro Carlo Felice – 18.1.2015

Enrico Pieranunzi: pianoforte


Enrico Pieranunzi, nei suoi concerti in solo, presenta ogni brano illustrandone i contenuti, spiegandone la genesi e arricchendo la narrazione con gustosi aneddoti. Insomma la parte parlata ha un certo peso nell’economia dell’esibizione, perchè, grazie al suo approccio sottotono, condito da sottile ironia, il pianista romano guida il pubblico ad apprezzare maggiormente il programma della mattinata. A Genova il musicista ha suonato, infatti, alle 11 al teatro Carlo Felice nel corso dei concerti-aperitivo, che tradizionalmente ospitano formazioni di altro genere. Il titolo del tour in solitudine del 2015 è Unlimited e cioè musica senza confini, spaziando dall’accademia al jazz,dal sudamerica al blues e chi ne ha più ne metta…


Pieranunzi omaggia per primo Chet Baker con una My funny Valentine in veste sobria, senza sentimentalismi. Tocca in seguito a Bill Evans, artista venerato, che ha compiuto un percorso artistico simile a quello del protagonista del matinèe, compiendo seri studi al conservatorio e contemporaneamente trovando modo di farsi le ossa in piccoli club, per poi prendere il volo come il più influente pianista jazz bianco degli anni sessanta, settanta e oltre.


Gli standards in scaletta sono ridotti al minimo «È una scelta di questo periodo. Prima il repertorio proveniva tutto dal songbook americano. Ora quasi tutti preferiamo eseguire temi originali», ma una magistrale versione di Yesterdays fa capolino, a ricordo anche dell’epoca in cui arrivavano in Italia i jazzisti statunitensi e si appoggiavano ad una sezione ritmica del posto. Nei locali di Roma il giovane Enrico, a quel tempo, era dei più richiesti free lance.


Si arriva, così, alla riproposizione di Scarlatti, una passione dichiarata, a cui è stato dedicato pure un cd. Pieranunzi prima esegue il tema senza rivisitazioni. Poi comincia con un blues e ci infila dentro l’estratto da un’opera del musicista napoletano. A questo punto, per motivare la sua scelta, si lancia in una difesa composta, ma decisa, della composizione estemporanea e del jazz «Non è vero che i “classici” non sapessero improvvisare. Si ricordano delle vere e proprie sfide su questo terreno fra Handel e Scarlatti, ad esempio o fra Mozart e altri compositori. Alla fine veniva proclamato il vincitore.» E poi, prosegue. «Il pubblico dei teatri, gli abbonati alle stagioni lirica e sinfonica sono meno aperti ai timbri violenti delle percussioni. Quello del jazz ha meno prevenzioni. Ricordo una volta che gli spettatori delle prime file al teatro del conservatorio di S.Cecilia avevano le mani sopra le orecchie durante fasi parecchio concitate ritmicamente di una sinfonia di Prokofjiev».


Si procede così, fino alla fine, con altri pezzi a firma del pianista laziale, tutti collegati a collaborazioni eccellenti, di cui vengono rammentati particolari significativi.. Lo stile di Pieranunzi è personale, tecnico, competente, ma caldo ed è maturato in tanti anni di militanza a servizio della musica afroamericana. È il marchio di fabbrica di un pianista passato indenne fra le tendenze effimere o più corpose e durature, mantenendosi classico e moderno, in più di trentanni di carriera. «Ho cominciato nel giurassico inferiore» chiosa lui, citando i suoi esordi. La rivista Musica Jazz lo ha da poco gratificato con un premio alla carriera. È un riconoscimento meritato per un musicista che ha incontrato tanti grandi personaggi, ha dato concerti in tutto il mondo ed è andato dritto per la sua strada senza clamori e con tanta dedizione per il suo strumento e per il jazz.