Out to Lynch

Foto: Fabio Ciminiera










Out to Lynch

Pescara, Teatro Massimo – 19.12.2014

Marta Raviglia: voce, voce recitante, danza

Mauro Manzoni: sassofoni, flauti, live electronics

Mauro Campobasso: chitarre, live electronics

Stefano Senni: contrabbasso, basso elettrico

Walter Paoli: batteria, percussioni, live electronics

Out to Lynch è il terzo lavoro architettato dal sodalizio formato da Mauro Campobasso e Mauro Manzoni e dedicato al cinema che viene prodotto insieme alla Società del Teatro e della Musica Luigi Barbara e presentato in anteprima nella stagione invernale della storica istituzione pescarese. Dopo Kubrick e Hitchcock, il regista scelto per la nuova avventura è stato, come ben rivela il titolo, David Lynch. E, per l’occasione, la guida della formazione è stata allargata a Marta Raviglia. La sezione ritmica vede al contrabbasso Stefano Senni, da sempre compagno delle avventure tra jazz e cinema proposte da Manzoni e Campobasso, mentre alla batteria siede Walter Paoli, “nuovo ingresso” in questo percorso.


Personaggio sfaccettato e dallo stile estremamente forte e riconoscibile, Lynch “presta” le immagini delle sue pellicole al lavoro di composizione e ricomposizione operato dai cinque musicisti. Rispetto alle precedenti tappe si evolve un dialogo molto più stratificato tra palco e schermo retrostante. Le immagini “riordinate” dal lavoro di Pino Bruni e assemblate dal montaggio di Mauro Manzoni mantengono in parte le tracce sonore. Oltre, poi, alle scene dei film, sullo schermo passano frasi tratte da interviste rilasciate dallo stesso regista. Il palco, dal canto suo, arricchisce con azioni sceniche l’aspetto visivo della performance: danza, travestimenti e scenografie si pongono in diversi momenti al centro dello spettacolo, per dare una dimensione plurale e ulteriormente particolareggiata allo sviluppo dello spettacolo, un meccanismo articolato capace di andare oltre le peculiarità dei singoli elementi e delle specifiche arti per raccontare attraverso un linguaggio complessivo, frutto di una vera e propria sintesi delle diverse grammatiche.


Il lavoro composito intreccia scrittura e improvvisazione in maniera serrata per dialogare non solo con le immagini, ma con tutte le anime coinvolte. I suoni degli strumenti e quelli manipolati, la banda sonora del film e le frasi recitate da Marta Raviglia si inseriscono in una struttura narrativa che fluisce nel corso dello spettacolo e ne unisce in maniera stretta tutti gli aspetti. Se già per Ears Wide Shut, centrato sui film di Stanley Kubrick, e per Vertigo, dedicato al cinema di Alfred Hitchcok, non si poteva parlare di sonorizzazione o di “colonna sonora” suonata dal vivo per una sequenza di immagini, in Out to Lynch il concetto viene spostato ancora più avanti. Per quanto le immagini possano essere centrali nello sguardo dello spettatore, sono in realtà gli aspetti musicali ad essere protagonisti e a fornire il punto d’appoggio per la colonna visiva: la scrittura unisce registri diversi, la pratica dell’improvvisazione dei cinque si appropria del materiale per modellarlo sulle esigenze sceniche e visive; la forza, la brutalità, la deriva surreale e senza compromessi del cinema di Lynch avrebbero potuto trascinare la musica oltre un ipotetico punto di non ritorno del pathos, la visione complessiva della formazione permette di stilizzare e riportare all’essenza i vari linguaggi senza farsi prendere la mano dagli estremi espressivi del regista statunitense.


Se l’apertura è affidata alle immagini e ai suoni che provengono dallo schermo e vengono lanciate L’impatto dei singoli elementi e dei tanti riferimenti trova il suo acme nel crescendo finale dalle dinamiche potenti, vicine a certo rock progressive se si vuole, e chiuso con forza dalla batteria di Walter Paoli. Nel flusso sonoro si accostano sorprese e pause, momenti utili a rilanciare l’azione e il racconto. La “punteggiatura” – offerta dai dialoghi dei vari film e dalle azioni sceniche condotte da Marta Raviglia – serve a individuare i punti di equilibrio e di snodo di un flusso sonoro pensato non tanto come lineare accostamento di brani, quanto come la scansione emozionale delle sensazioni che promanano dal discorso lynchiano e ne intersecano le motivazioni, sensazioni che vengono messe in musica e portate sul palco dal quintetto.


Uno spettacolo costituito da tanti tasselli – dalle maschere e dai vestiti di scena realizzati appositamente da Dalia Narkeviciute, alle varie “impersonificazioni” di Marta Raviglia, dal filo narrativo ed emotivo, oltre, naturalmente, alla banda visiva e alle composizioni. Tasselli pensati per interagire in maniera personale con il materiale preesistente e per dare una forma meno usuale alla scrittura e all’esecuzione del jazz e, in generale, della musica creativa e di improvvisazione.



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