Anouar Brahem – Souvenance

Anouar Brahem - Souvenance

ECM Records – ECM 2423/24 – 2014




Anouar Brahem: oud

Klaus Gesing: clarinetto basso

Francois Couturier: pianoforte

BjornMeyer: basso

Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Pietro Mianiti





Può la musica, senza l’ausilio della parola, raccontare un evento storico? Questo disco risponde in maniera del tutto affermativa a questo fascinoso quesito; se si ammette però che compito delle note è raccontare l’indicibile, ovvero il narrare in termini puramente emozionali. Se il suono riesce a dire l’ansia, l’incertezza, la paura, l’euforia, la disillusione che si accavallano in epoche di grandi sconvolgimenti, come quello della cosiddetta primavera araba. Data questa premessa, Souvenance, scritto da Anouar Brahem con la mente ed il cuore rivolti a quei sogni tumultuosi è un capolavoro. Giustamente il grande musicista tunisino mette in guardia l’ascoltatore dal cercare legami diretti fra la sua scrittura e la storia di quanto avvenuto in quel magmatico inverno fra il 2010 e il 2011. Brahem non prende posizione sugli avvenimenti («Eventi straordinari hanno improvvisamente scosso le vite di milioni di persone. Siamo spinti verso l’ignoto, con immense paure, gioie e speranze. Ciò che è successo ha superato la nostra immaginazione»). Li ripensa in termini quasi di storia sentimentale. La sua narrazione parte da un giorno improbabile, fatto di attese spasmodiche e di rapide esplosioni e si snoda in una lunga sequenza di scenari emotivi contrastanti. La sensazione che qualcosa stia per avvenire, il tumulto, la grandezza dei sogni e il loro tramonto.


C’è tutto l’universo sonoro e sentimentale di Anouar Brahem nelle undici tracce di Souvenance. C’è tutto il suo lungo cammino di ricercatore dei punti di contatto fra la sensuale malinconia araba e la cultura musicale europea. Ci sono le cadenze malinconiche e tese del suo oud e c’è il pianismo apparentemente minimale di Francois Coutourier, che intesse lunghe, ipnotiche sequenze ritmiche Ci sono atmosfere sognanti (Tunis at dawn) ma spesso il discorso musicale è lacerato da improvvise accensioni e si raggruma (Improbable day). Ci sono melodie, come quella di Yousuf’song che lasciano, alla fine dell’ascolto, gli occhi umidi di musica, e momenti in cui la musica stessa sembra raccontare esplosioni di speranza (Deliverance) C’è la presenza di un orchestra d’archi, quella della Svizzera Italiana, che non prende mai il sopravvento sul quartetto. Si potrebbe dire che è il quinto elemento del gruppo di Brahem. Resta quasi sullo sfondo, quasi a dire la difficoltà di un dialogo fra mondi diversi. Una presenza straniata e spesso drammatica. Notevole nell’economia della narrazione anche l’intervento del clarinetto basso di Klaus Gesing, una voce che approfondisce meravigliosamente la tormentata ricerca del compositore di Tunisi.


Souvenance è, forse, una sorta di elegia sul sogno inafferrabile di un mondo nuovo. Racconta, forse, una disillusione. Forse il cielo ha ancora quel colore di cenere evocato dal titolo della seconda traccia.Ognuno può trovare una chiave di lettura particolare. Lo stesso autore ammette che scrivere le tracce ha comportato un lungo e difficile lavoro.


Al recensore non resta che sottolineare che raramente l’ascolto di un disco riesce a suscitare tanta emozione e tanta riflessione allo stesso tempo. Anouhar Brahem è uno dei grandi musicisti del nostro tempo. Senza timore di esagerazioni si potrebbe definire l’Astor Piazzolla dei nostri giorni, per la sua maestria nel trasformare una musica “etnica” in un linguaggio universale, Per la sua capacità di commuovere.