Foto: la copertina del disco
Pop Corn Reflections: il nuovo lavoro di Rosario Di Rosa
Rosario Di Rosa è un pianista e compositore colto e irrequieto, nel senso che ogni suo lavoro tende a superare, in termini d’idee, progettualità e originalità, quelli precedenti. Pop Corn Reflections non si discosta da questa regola creativa. Anzi, apre scenari inconsueti dove la musica suonata, originale e di spessore, si spinge oltre i confini del jazz, ne allarga le maglie penetrando tra le suggestive frequenze del contemporaneo, diviso tra minimalismo e sperimentalismo. Che Di Rosa non fosse ligio all’ortodossia jazz lo si era capito dai suoi lavori precedenti. In Pop Corn Reflections, però, accentua questa sua tendenza, e da isolano qual’è sfrutta la possibilità di avere a disposizione più orizzonti a cui ispirarsi per avere idee e improvvisare musiche, sempre con lo sguardo in avanti. Fortemente consigliato!
Jazz Convention: Rosario Di Rosa, da lavori come Voices passando per Freedom e Cabaret Voltaire, solo per citarne alcuni, fino a Pop Corn Reflections: cosa è cambiato nella tua musica?
Rosario Di Rosa: Non mi è mai capitato di voltarmi indietro per analizzare quello che ho fatto, perché in realtà mi interessa poco. Per me ogni disco è un’istantanea che documenta un preciso momento, un modo di essere, un ambito di interessi in continuo divenire. Devo dire che tutto questo mi induce infatti a non riascoltare mai i miei lavori, perché nel momento in cui ne viene pubblicato uno è come se si concludesse un ciclo che mi induce a pensare a cosa farò domani. Tuttavia, posso dire che una caratteristica che accomuna ogni progetto realizzato è l’accogliere all’interno dell’ambito jazzistico le più disparate influenze in modo da dare alla musica una visione più ampia possibile che travalichi i confini tra i generi.
JC: C’è un significato ben preciso nel titolo del disco?
RDR: Pop Corn Reflections è un titolo ironico che contrasta fortemente con la natura “analitica” e di sintesi che anima la musica in esso contenuta. Nei dischi precedenti accadeva spesso che ogni composizione avesse un intento descrittivo, cosa che invece non succede in quest’ultimo progetto. Infatti qui le influenze della corrente minimalista contemporanea, della dodecafonia, della musica elettronica sono utilizzate per comunicare un qualcosa che rientra sempre nel linguaggio musicale del quale vengono approfonditi pochi aspetti alla volta. Al contempo, volevo bilanciare tutto questo con una leggerezza e una dimensione quasi “giocosa”, aspetto per me ineluttabile del fare musica.
JC: Pop Corn Reflections è un disco in trio realizzato con i tuoi due partner per eccellenza, Paolo Dassi al contrabbasso e Riccardo Tosi alla batteria. È questa la tua dimensione ideale?
RDR: Certamente il trio è una dimensione in cui mi sento estremamente a mio agio. Anche perché la vedo costantemente come una sfida. Tale formazione è stata chiaramente adottata in tutte le sue possibili connotazioni con risultati eccelsi, ma tento di avviare la mia direzione di ricerca su sentieri che mi piacerebbe ne allargassero ulteriormente i margini. Potrei dire lo stesso del piano solo, che presto affronterò consapevole degli ulteriori rischi che questo comporta ma con un atteggiamento di rispettosa irriverenza.
JC: Hai cambiato casa discografica passando alla Nau Records…
RDR: Come tutte le cose importanti, l’incontro con Gianni Barone patron della Nau Records è avvenuto per caso e al culmine di un periodo difficile per diversi motivi. Molto spesso chi tenta di portare avanti, soprattutto nell’ambito jazzistico italiano, qualcosa di diverso si trova davanti dei muri insormontabili fatti di pressapochismo, ristrettezza di vedute e assoluta mancanza di coraggio a rischiare. La Nau Records è una delle poche label discografiche europee che contraddicono tutto questo. Non è una semplice etichetta stampa-dischi (come ce ne sono tante) ma un partner che crede concretamente nel lavoro dei musicisti che scrittura. E di questi tempi non è poco.
JC: Il tuo pianismo è una sintesi originale di diverse culture musicali, dalla classica, alla sperimentale, al jazz nei suoi diversi aspetti evolutivi, alla musica contemporanea e minimale, di cui queste ultime molto presenti in Pop Corn Reflections ..
RDR: In realtà il modo di suonare il pianoforte riflette il mio modo di essere, nel bene e nel male. Ho avuto la fortuna di poter studiare con un grande pianista come Salvatore Bonafede che, al di là della tradizione, del linguaggio, ecc, mi ha insegnato prima di tutto a tentare di suonare nella maniera più personale possibile. Nel tempo ho sviluppato questo aspetto creando una sorta di osmosi continua tra il jazz e tutti gli altri ambiti musicali che ho trovato interessanti e stimolanti. Pop Corn Reflections evidenzia appieno le recenti aree di interesse alle quali mi sono dedicato, ovvero la musica classica, in particolare quella dal ?900 in poi, la musica minimalista di Steve Reich e Terry Riley. Chiaramente ho usato queste influenze come punti di partenza per proiettare il jazz in contesti diversi dal solito e soprattutto per attuare un’operazione di sintesi stilistica che desideravo mettere in pratica da tanto.
JC: In Pop Corn Reflections usi l’elettronica, espediente che ben s’integra al tuo senso innato della melodia…
RDR: Certamente. Considero l’elettronica come un valido veicolo espressivo. In questo disco è stata usata in maniera più accentuata col chiaro intento di farla diventare quasi un quarto elemento del gruppo per valorizzare e differenziare le parti di sviluppo improvvisativo.
JC: Questo progetto contiene nove composizioni originali, da Pattern n.74 a Dance Before It’s Too Late _ Pattern n.74: come hai conciliato improvvisazione con armonia e melodia?
RDR: In Pop Corn Reflections ogni aspetto musicale è “analizzato” mediante l’utilizzo di un “pattern”, la cui natura varia per ogni brano e sviluppato mediante l’improvvisazione. Il “pattern” può essere ricavato da una serie, da nuclei intervallari o da riff melodici. Dal punto di vista armonico ho utilizzato delle posizioni ambigue, oltre le aggregazioni ricavate dalle parte seriali, che lasciassero varie possibilità di direzioni possibili.
JC: Cosa c’è dietro i nomi di ogni singolo brano?
RDR: Nei dischi precedenti spesso il titolo di un brano ne costituiva anche la chiave di lettura, il riferimento emotivo. In quest’ultimo disco tale aspetto viene a mancare. Nel mio tentativo di non parlare in altro modo se non con la musica, ho scelto dei titoli che potessero conferire un po’ di leggerezza e auto ironia. Sono solo piccole riflessioni sulla musica, la mia.
JC: Cosa t’aspetti da Pop Corn Reflections?
RDR: Di tutte le cose che potrei aspettarmi me ne basterebbe soltanto una: che chiunque, ascoltandolo, potesse apprezzarne la necessità di seguire strade diverse dal consueto.
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