Foto: Fabio Ciminiera
Pasquale Innarella Quartet. Uomini di terra @ San Severo Winter Jazz
San Severo, Caffé tra le righe – 6.3.2015
Pasquale Innarella: sassofoni
Francesco Lo Cascio: vibrafono
Pino Sallusti: contrabbasso
Roberto Altamura: batteria
La vicenda musicale del Pasquale Innarella Quartet si concentra da sempre intorno a storie di uomini: è stato così per l’Uomo del 300 Gilera, primo disco della formazione; è stato ancora più evidente in Uomini di terra, dedicato a Giuseppe Di Vittorio e pubblicato come il primo per Terre Sommerse. Persone e personaggi dalle vicende eroiche e popolane, ricche di difficoltà e ricche delle soluzioni con cui vengono superate quelle difficoltà, aperte alla solarità del Meridione e colorate dall’atteggiamento positivo della speranza di poter cambiare il proprio mondo e, se non migliorarlo, intervenire su di esso con le proprie forze e le proprie iniziative.
La chiave narrativa permette di portare esperienze e modalità diverse all’interno del lavoro musicale. L’amore per la melodia, la forza dell’improvvisazione radicale, le canzoni popolari e i ritmi ballabili, la combinazione timbrica ed espressiva degli strumenti, la solidità del supporto creato dalla ritmica e, naturalmente, le intenzioni dei quattro musicisti nelle esposizioni dei temi e nella pratica degli assolo. La chiave narrativa permette, in pratica, di stabilire come i vari elementi debbano entrare in gioco, offrire spunti alle esecuzioni e tenere sulla corda il pubblico.
Giuseppe Di Vittorio è l’Uomo delle Terre, è il punto di partenza del racconto, è il dedicatario del brano che da il titolo al disco. Innarella compie un capovolgimento complessivo e punta la sua attenzione su tutte quelle figure che hanno vissuto la terra e le condizioni spesso inumane del lavoro dei campi. Una dimensione collettiva che, immagino, lo stesso Di Vittorio avrebbe apprezzato e che passa attraverso i racconti fatti da Innarella tra un brano e l’altro per introdurre argomenti e protagonisti del racconto musicale. E passa emotivamente al pubblico: la conferma viene dalla scelta da parte del pubblico di riascoltare proprio l’Uomo delle Terre, il suo tema scanzonato e solido allo stesso tempo, il suo passo sicuro poggiato sulle reminiscenze di melodie popolari.
In effetti, il materiale portato in concerto si muove attraverso ricordi e suggestioni e fotografa, grazie alla vitalità delle improvvisazioni e dell’interplay, il percorso di un secolo di lotte e di canzoni. Il racconto musicale rappresenta la sintesi degli elementi elencati sopra, una sintesi innescata dalla storia e condotta sui suoi binari, importanti e coinvolgenti. Il pubblico di San Severo conosce gli episodi delle vicende di Di Vittorio, i termini del dialetto irpino, utilizzati da Innarella per i titoli e per riportare alla memoria il lavoro nei campi, sono estremamente simili a quelli del Tavoliere, in particolare, e della Puglia, in generale. Se viene meno la necessità della spiegazione, non viene meno il bisogno del ricordo e – per quanto doloroso, amaro, lacerante – l’orgoglio di quanto passato dalle popolazioni del Meridione nel corso dei secoli.
Innarella, Lo Cascio, Sallusti e Altamura costituiscono un quartetto solido e compatto. L’interplay nasce da una comune intenzione musicale e, di conseguenza, mettere a disposizione della voce del quartetto le tante esperienze attraversate diventa un effetto necessario e una condizione, felicemente, ineludibile del cammino portato avanti negli anni. E soprattutto, come si accennava già in precedenza, punto di forza del quartetto è la proprietà espressiva con cui si combinano gli elementi sonori: la ritmica calda e corposa con la gestione armonica sospesa e liquida affidata principalmente al vibrafono, la confidenza del solista di turno nell’appoggiarsi sul tessuto costruito dai compagni di viaggio. Confidenza che consente al quartetto di alternare le emozioni, di associare improvvisazioni radicali ai momenti più tumultuosi della vicenda di Di Vittorio, di rileggere con malinconica dolcezza i canti e le danze delle tradizioni popolari, di interpretare con compiaciuto trasporto un brano come Non è l’amore che va via di Vinicio Capossela e di sottolineare come le condizioni vissute in passato dai braccianti siano ancora tremendamente attuali, sia pure in altre forme, attraverso i riflessi africani di Malayka, composta da Fadhili William. L’idea del concept-album rimane centrale nella concezione del quartetto e la costruzione di un repertorio totalmente strumentale non ne inficia lo sviluppo. Le speigazioni di Innarella tra i brani diventano il filo rosso utile a suscitare sensazioni e riflessioni ulteriori a quelle già mosse dalla musica.
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