Sonata Islands – Canti Alpini

Sonata Islands - Canti Alpini

Sonata Islands – 2014




Emilio Galante: flauto

Fiorenzo Zeni: sax

Giuliano Cramerotti: chitarra

Enrico Merlin: chitarra

Stefano Colpi: contrabbasso

Filip Milenkovic: batteria





Sonata islands è un ensemble a formazione variabile a seconda delle idee, dei propositi da portare avanti e realizzare. Il gruppo ha al suo attivo cd che spaziano dalla rivisitazione del rock sperimentale all’omaggio ad autori classici, come in Meets Mahler, penultimo lavoro del sodalizio, attraverso sfide sempre complicate da gestire e da vincere. Il leader è il flautista Emilio Galante e questa volta si è lanciato in un’impresa altrettanto difficile e tutto sommato rischiosa. Aiutato dagli arrangiamenti del fido bassista Stefano Colpi, il musicista trentino ha deciso di affrontare un repertorio molto familiare nella sua regione, i canti alpini e di rileggerlo secondo coordinate jazzistiche con un’opera di ricollocazione, di rimodellamento secondo il tipico modo di procedere di Sonata Islands. Il pericolo eventuale, in questo tipo di operazione, è quello di finire per scontentare i jazzofili, oppure di lasciare insoddisfatto il pubblico legato alle tradizioni nazionali. È veramente arduo, infatti, provare a conciliare le due esigenze. Da una parte si schiera la voglia di scoprire e sperimentare, dall’altra l’intenzione di non tradire il carattere di oggetti di culto secolare. In questo senso l’album si presenta come un autentico percorso ad ostacoli.


Ne La madonina il motivo viene enunciato in maniera letterale. Da qui si parte per una serie di variazioni sincopate su un tempo di valzer piuttosto morbido e cadenzato per ritornare in conclusione al tema tradizionale riproposto in modo riconoscibile.


Ne Il testamento del capitano si odono colpi d’arma da fuoco, nell’incipit, mentre sotto traccia si appalesa il ritornello tirato fuori dall’ottavino. Da qui in poi ci si cala in atmosfere rockeggianti. Il suono delle chitarre è in distorsione e il sax prende fuoco mano a mano, in crescendo. Lo strumentino di metallo riporta tutti al tema, dopo aver messo a tacere gli altri.


La pastora è ancora in 3/4 e viene affrontata in souplesse, come uno standard eseguito da un combo votato al mainstream. E Galante e soci, invece, sono di tutt’altra corrente…


Fantasia alpina è un brano elaborato, dominato in principio dalle chitarre elettriche che dispensano timbri duri e violenti. Poi si evoca La montanara in salsa sudamericana, a samba. Non è finita. Un lungo contrappunto fra sax e flauto riporta tutti in quota. È una pura illusione. Il Brasile è dietro l’angolo e il ritmo latino colora ancora questi canti nati in tutt’altro habitat naturale, a migliaia di chilometri di distanza


Signore delle cime è uno dei capitoli più toccanti di questo repertorio e, giustamente, ne viene rispettata la sacralità. Il tema è esposto da flauto e clarinetto, poi si concede campo ad assoli discorsivi, piani, per scivolare nel blues, un blues inevitabilmente malinconico. Si riaffaccia alla luce, in primo piano, il bellissimo tema per concludere il viaggio.


Fior de cristal ci porta un’altra volta nel sound latino, dopo un inizio “in the tradition”. Evidentemente il gemellaggio folk fra le fredde valli alpine e le spiagge calde dell’Atlantico funziona.


In Ninna nanna si lavora tutto attorno al cuore del song, apportando le opportune modifiche jazzistiche. I suoni delle chitarre sono modulati e pesanti, la batteria incalza in secondo piano. Non si toglie nulla, comunque, allo specifico della canzone.


Canto del minatore inizia sottotono, per aprirsi, poi, a squarci fusion con un bell’assolo carico di energia di Fiorenzo Zeni al tenore, punzecchiato dal flauto ipersoffiato di Galante. Come al solito dopo un pregevole intervento melodico di Colpi si ritorna tutti alla base, al refrain.


Monte Pasubio è la vetta dell’album. È il brano più lungo e prima di arrivare alla celebre melodia si devono scalare diverse montagne. Si passa, infatti, da una lunga introduzione intrisa di umori psichedelici per giungere al motivo eseguito, stavolta, da un coro alpino. Dopo quella citazione piomba il silenzio. Un silenzio inquietante chiuso in modo solenne, commovente dal gruppo intero che ricompare dalle nebbie come per incanto.


Va dato atto a Emilio Galante e a i suoi collaboratori di avere avuto un grande coraggio a toccare non semplici arie popolari, ma veri e propri totem della storia delle sue terre. Il progetto è stato affrontato con il rispetto dovuto per canzoni collegate in maggioranza all’elegia della grande guerra. In generale, pur non raggiungendo i livelli di eccellenza di precedenti incisioni, si può affermare comunque che Sonata islands sia riuscita ancora una volta a colpire nel segno e che questo disco possa essere apprezzato da chi ama il jazz contaminato e allo stesso tempo non disturbi la sensibilità dei difensori della tradizione alpina.