Billy Bang & William Parker – Medicine Buddha

Billy Bang & William Parker - Medicine Buddha

NoBusiness Records – NBCD 71 – 2014




Billy Bang: violino, mbira

William Parker: contrabbasso, shakuhachi, douss’n gouni






C’è della storia, per quanto attiene ai rimandi piuttosto ovvii (non soltanto nella dedica) al capitale Revolutionary Ensemble di Leroy Jenkins & C., ma in buona parte nella prestazione del singolare violinista ma più in generale attivista Billy Bang, testimone delle tuttora spinose questioni razziali statunitensi, nonché delle ricadute socio-identitarie delle avventure belliche del suo paese (almeno due dei suoi venticinque album: Vietnam-the Aftermath e Vietnam-Reflections, molto recenti peraltro, coinvolgevano non solo veterani USA del conflitto ma anche musicisti del paese avversario), e che fra le varie partecipazioni discografiche e concertistiche lasciò una nitida traccia almeno nello String Trio of New York, che lo vide attivo co-fondatore ed animatore.


Figura parallela con ancor minore bisogno di presentazione, il sommo contrabbassista William Parker permane un caposaldo dell’espressione e dell’impegno della scena free, presente in oltre un centinaio d’incisioni (tra cui non trascureremmo di ricordare le ricorrenti partnership anche con talenti nostrani) ma più in dettaglio una sapiente architrave delle vedute correnti di un post-free di ricerca e testimonianza del contemporaneo.


Quest’ultimo traccia un ammirato ricordo del più anziano e compianto collega, non esitando nel definirlo almeno “lirico, gentile e maestoso” nelle sue espressioni performanti e di personalità: «Benché io sia nato e cresciuto nel Bronx, ero un individuo alquanto serio e rigido, sentivo la necessità di qualcuno che tirasse fuori il mio senso dell’umorismo: quella persona è stata Billy Bang. Egli mi ha insegnato a ridere, e attraverso il riso poter vedere la vita come la cosa più seria che vi sia.»


Album (ma più avvedutamente esperienza) composito e progettuale, Medicine Buddha segna una delle ultime tenzoni live di Bang poco prima della sua scomparsa, annunciandosi con autorevole comunicativa già nel brano eponimo, segnato da imponenti tensioni vibratorie, e uno scavo esteso e profondo della dotazioni espressivi e delle palettes cromatiche dei rispettivi, lignei strumenti, procedendo con simbiotica ispirazione e organica interazione lungo un catturante programma ad elevata tensione espressiva, che per più aspetti appare pervaso, su tutto, da un senso di cerimonialità che non si limita alle stanze rituali idiomaticamente orientaliste (Sky Song) o di africana eruttività (Bronx Aborigines) ma anche nelle stentoree drammaturgie (Eternal Planet) e nello swing guerresco (Buddha’s Joy) di momenti ideativamente alterni ma comunque di libero schema e potente rappresentatività, toccate e tracciate da forte eloquenza e partecipazione diversamente estetizzante e comunque vivida ed anti-retorica.



Link di riferimento: http://nobusinessrecords.com/demo/Bang-Parker-Track%201.mp3