Maver Records – 2015
Carlo Maver: flauto, bandoneon
Pasquale Mirra: vibrafono
Giancarlo Bianchetti: chitarre
Davide Garattoni: basso elettrico
Roberto Rossi: batteria, percussioni
Achille Succi: sax contralto, clarinetto basso, pifano
Silvia Donati: voce
Danilo Mineo: percussioni
Milonghe, canzoni, pagine di choro, sonorità e ritmi provenienti dall’Africa. Come spiega lo stesso Carlo Maver all’interno della copertina, il disco rappresenta l’esplorazione delle matrici africane nei vari generi e nei differenti approcci musicali: “un viaggio a ritroso” compiuto secondo più linee sovrapposte e con una serie di compagni che vengono incontrati nel corso delle varie tracce.
Le linee sovrapposte sono quelle innescate dagli strumenti suonati dal leader, flauto e bandoneon, e dalla formazione sempre variabile a seconda dei brani. La varietà diventa un valore aggiunto e un imprescindibile veicolo per un lavoro naturalmente rivolto alla scomposizione delle stratificazioni e dei significati inseriti al di sopra dei ritmi e delle matrici originarie. Naturalmente, le differenti vesti sonore con cui viene interpretata la musica porgono all’ascoltatore la sintesi voluta da Maver: elementi elettrici e spunti rigorosamente acustici, figure ritmiche ipnotiche e voci contrapposte, le soluzioni proposte, a seconda dei casi, dalla modernità, dalla composizione, dalla pratica dei generi e gli spunti originali da cui quelle soluzioni promanano.
E, per intraprendere questo percorso, Carlo Maver si “affida” a una serie di musicisti capaci di muoversi su terreni diversi, di spaziare all’interno dell’avanguardia e di conoscere necessità e stilemi dei singoli generi. E ampliare così, in modo naturale e proficuo lo spettro delle potenzialità del gruppo e trovare ogni volta una soluzione del tutto appropriata al discorso intrapreso e, al tempo stesso, personale.
Man mano che le tredici tracce scorrono nel lettore, il disco rivela come Maver compia in effetti un viaggio continuo e circolare tra le sponde dell’Oceano Atlantico, terreni assolutamente fertili dal punto di vista musicale: se, come è noto, la Storia e la musica si sono mosse dall’Africa verso occidente, seguendo le esplorazioni e le deportazioni, il lavoro mette in luce l’intenzione di maneggiare gli ingredienti alla base dei generi latinoamericani, arrivando a una propria soluzione, ad una nuova sintesi che li rimette in gioco e li riutilizza secondo le possibilità offerte dall’improvvisazione. Il ragionamento di Maver tiene conto dei linguaggi consolidati e non intende rivoluzionarne i concetti fissati nel tempo: si pone però a valle del percorso compiuto dai generi e opera perciò con questa prospettiva, segue le migrazioni dei popoli e le convergenze dei linguaggi.
Come si diceva anche sopra, il contributo offerto dai musicisti scelti è sempre prezioso per lo sviluppo del discorso. Musicisti esperti, attenti nel mettersi al servizio della scrittura e di apportare la propria personalità negli assolo. La convergenza degli stili e la natura delle composizioni da una parte richiede agli interpreti un atteggiamento aperto e flessibile: dall’altra, però, diventa la chiave per un’espressione fluida, capace di assorbire le intuizioni dei singoli e rilanciare in un discorso collettivo, equilibrato e sfaccettato.
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