Dodicilune Dischi – ED328 – 2014
Gabriel Oscar Rosati: tromba, flicorno, trombone
Lucian Nagy: sax, djembé
Dan Alex Mitrofan: chitarre
Gabor Cseke: piano, tastiere
Laszlo Stundnitzky: basso
Csaba Pusztai: batteria
Trombettista, trombonista, compositore e, in senso più lato, divulgatore musicale, l’italo-brasiliano Gabriel Oscar Rosati appare essersi devoluto ed investito su matrici e correnti soltanto in apparenza risaputi, operando una sorta di culto e personale rivitalizzazione dei materiali latino-americani, impiegando fra i suoi marchi di fabbrica esecutivi almeno “l’assimilare in una sola formazione ritmi e musicisti dal Brasile a Cuba, dall’Argentina al Messico, Portorico ed Antille, con materiale ovviamente originale e dal sound elettrico, moderno e aggressivo”.
Programma nella sostanza mantenuto, e non senza carattere né firma originale, in questa ennesima ripresa live del BrazilLatAfro Project, che non teme particolarmente di porre in gioco i “tòpoi” del genere, dalle soluzioni solistiche all’uso coloristico di elettroniche, percussioni etniche e quant’altro artificio arrangiativo, in realtà solidamente intriso dell’espressione fusion-latino allo stato naturale e maggiormente condivisibile.
Piuttosto continua la corrente comunicativa dell’ensemble, particolarmente fluida e speziata l’espressione degli strumenti a fiato del titolare e di Lucian Nagy, di corposa estensione gli interventi di tastiere e corde, rispettivamente di Gabor Cseke e Dan Alex Mitrofan, di saettante e incisiva la cadenza della sezione ritmica di Laszlo Stundnitzky e Csaba Pusztai, rendono la solidità registica e la tonica forma di un ensemble rodato oltre alla peculiare interfaccia di due espressioni etniche confinanti ma nettamente distinte dell’est-Europa, quali i magiari e i dacii alleati nella falange a sei (ma di fatto piuttosto dimentichi di sentori e motivi di Pannonia, Transilvania e Mar Nero quanto invece assai orientati a gusto e memoria su più distanti e ben più solarizzate aree del globo).
Forte, oltre che della pubblicistica didattica, già di una dozzina d’incisioni, di cui almeno metà con le forze del presente BrazilLatAfro Project, la corrente musicale di Rosati non sembra mirare a velleitario segno innovativo: rutilante e provvisto di un contagioso senso di danza, forgiato e sedimentato non solo dalla composita formazione e dalle eterogenee collaborazioni, pescante piuttosto alla lettera nel repertorio ormai piuttosto oceanico del genere, il materiale si conferma una celebrazione vivace del favorito patrimonio, qui reso ed omaggiato con funzionale verve, scorrevole interplay e coralità efficiente.